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29 mar 2021

La reputazione

di Luciano Caveri

Mi diceva l'altro giorno una persona non valdostana "che conta" e che frequenta molti ambienti: «La reputazione della Valle d'Aosta è a pezzi!». Purtroppo si sa bene quanto questo sia vero. Personalmente posso dire e sottoscrivere che l'esatto contrario, vale a dire un solido riconoscimento di credibilità e di serietà, era stata l'aria che si respirava nei nostri confronti negli anni in cui, prima come giornalista e poi come politico, mi sono occupato in vario modo dei rapporti della Valle con l'esterno. Anzi - vogliamo dirlo? - esisteva quasi una sorta di invidia e talvolta di gelosia, mentre per le persone più serie risultava essere addirittura ammirazione. Esisteva un "modello valdostano" che incarnava l'Autonomia speciale ed era una modellistica di riferimento. Ho sempre rigettato l'idea dell'"isola felice", perché chi aveva i piedi per terra, ben sapendo difetti e storture, sapeva che non ci si doveva esaltare, anzi bisognava semmai spingere ancora sull'acceleratore per crescere e migliorare.

Poi sono esplose inchieste e molti politici, fra giustizia penale e giustizia contabile, si sono trovati nei guai in un evidente crescendo che ha svelato vicende varie. Ciò non solo, al di là dei casi singoli, ha inciso sull'immagine della Valle e del suo ceto politico. Poi si potrebbe discutere ogni caso nel merito e capirne ragioni e spessore, ma conta persino di più l'impatto che ha sgretolato molte convinzioni. In più chiunque faccia politica, anche se a posto con la propria coscienza, si sente perennemente con una "spada di Damocle" che pende sulla sua testa. Un clima per nulla sereno che rischia di rallentare tutto. Certo le inchieste sulla 'ndrangheta sono state deflagranti e non per vicende tragiche che abbiano svelato pratiche fatte di violenza e assassini come avviene altrove, ma per una vicinanza con ambienti sospetti legati in genere a certi "do ut des", specie legati ai voti in occasione delle elezioni. Sarà il tempo e i diversi gradi di giudizio a darci chiarezza e a disvelare l'insieme di questa rete, appurando e la gravità, senza drammatizzazioni che rischiano di deformare la realtà. Lo scrive chi ha sempre evitato vicinanza con ambienti ambigui, che non mi piacevano e non faccio il fenomeno a scriverlo, perché so bene quanto oggi sia difficile fare campagne elettorali in cui bisogna muoversi con grande circospezione anche per l'ambiguità delle normative sul "voto di scambio". Si cammina sempre sulle uova anche quando si agisce in una logica, anche se per fortuna il termine è oggetto di una legittima revisione storica, di "mani pulite". La Valle d'Aosta onesta, scevra da ogni tentazione forcaiola o di strumentalizzazione politica, deve lavorare per affermare che se ci sono state metastasi nel sistema istituzionale penetrate anche in parti marginali della nostra società, queste vanno rimosse. Ma la parte sana esiste ed è largamente maggioritaria.