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10 mar 2021

Gli amici villeggianti

di Luciano Caveri

Rivendico l'idea avuta tanti anni fa di aver creato - nel quadro di ricerca di segni identitari solidi - le onorificenze valdostane ormai stabilizzate che sono denominate, per i valdostani, "Chevalier de l'Autonomie" e, per chi non lo è, "Amis de la Vallée d'Aoste". Pensavo allora che fosse necessario farlo non solo per sterili logiche celebrative, ma di sincero ringraziamento per chi abbia a vario titolo operato per fare il bene della nostra Valle e per onorarla. Nelle mie intenzioni c'era anche l'ambizione di fare rete fra i membri di questa "confrérie", come si potrebbe dire in francese. Non doveva essere perciò un vuoto a perdere, ma la speranza era che diventasse un cenacolo laboratorio di proposte e lobby buona per il nostro futuro. Ma è sugli "Amis" che vorrei soffermarmi in un'epoca in cui si ragiona spesso - ed anche a sproposito - sulla presenza di persone che amano e frequentano la Valle e che oggi lo possono fare, provenendo dall'esterno, anche in epoca di pandemia, se hanno da noi seconde case. Sono i famosi villeggianti, ben diversi dai turisti "mordi e fuggi": sono loro che hanno nel tempo arricchito la nostra Valle e sono diventati, o meglio hanno scelto, in tanti casi, di essere nostri amici fedeli.

Oggi indicarli come untori del "covid-19" è un atteggiamento miope in prospettiva e pure offensivo per gli interessati. Certo spetta a loro essere attenti e capire le ragioni di prudenza e seguire tutte le misure di prevenzione per evitare contagi e per ricordarlo ci sono modi gentili ed approcci intelligenti. Tra l'altro chi osserva fenomeni sociali ha già avuto consapevolezza che nel post-pandemia si depositerà un elemento nuovo, che si sposa con uno degli indirizzi della politica comunitaria degli anni a venire. Mi spiego meglio: la pandemia ha messo in crisi la logica di aggregazione urbana nelle grandi città ed, in contemporanea, si sono modificate le logiche del lavoro e lo "smart working" in diverse varianti crea scenari nuovi. Fra questi, nella sommatoria dei due fenomeni, esiste la tendenza ad immaginare che famiglie di già villeggianti possano decidere una nuova prospettiva di vita. Vivere in montagna e lavorare in remoto, almeno per un certo numero di giorni alla settimana, spostando da noi la residenza. Ecco perché gli "smart village", i villaggi intelligenti, oggi possono essere una soluzione per rivitalizzare la montagna in crisi demografica per contrastare lo spopolamento (visibilissimo nei dati della scuola). Si tratta di sfruttare al massimo, con connessione a banda larga, le possibilità varie della digitalizzazione ed immaginare forme di socialità aggregative. Lo si deve pensare per i valdostani per evitare spostamenti ed ora i nuovi orizzonti possono riguardare villeggianti che decidano di dare una svolta alla loro vita. Questa sarebbe una sorta di migrazione come scelta consapevole e non casuale dettata dalla ricerca di un ambiente naturale ed innescherebbe la possibilità di dare un nuovo sviluppo ai paesi della nostra Valle, che offrono a seconda delle zone e della tipologia, un'offerta varia per viverci. Non appaia questo ragionamento un abbaglio ma una speranza su cui discutere.