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11 nov 2020

Nervi saldi, ma...

di Luciano Caveri

Oggi sarò sintetico. Scrivo ogni giorno da tanti anni, ma in queste ore non ho avuto tempo, perché capita - senza darmi delle arie - di trovarmi a compartecipare alla soluzione di alcuni problemi complessi in queste emergenze incalzanti, con malati che aumentano ed una certa preoccupazione personale, quando ti accorgi di quante siano le persone contagiate che conosci. Non era così nella prima ondata. Strana atmosfera di attesa in cui si mischiano tanti sentimenti con un certo disagio per troppi che polemizzano in momenti delicati e spiego il perché. Studiare i "Dpcm" che chiamerei "contiani" è un esercizio interessante per chi si sia occupato, nella vita, della necessità di chiarezza del linguaggio giuridico, considerato un punto cardine a difesa del Diritto.

Siamo all'opposto: vittime in questi testi del "copia ed incolla", l'esito risulta sciatto ed a tratti incomprensibile. Un linguaggio disastroso del tutto inadatto per un'emergenza, quando i messaggi dovrebbero essere chiari e diretti, perché non ci si può sbagliare in quest'epoca. Tuttavia, attorno al cadavere dei "Dpcm", si aggirano interpreti titolati che studiano leggi alla mano ed un sacco di dilettanti, spesso fomentati da "fake news" che girano sul Web e gonzi che non solo ci cascano ma fanno da ripetitori militanti. Innescano solo confusione ed apprensione. Spiace che questo avvenga come un rumore di fondo per tutti coloro che lavorano ed arrancano e sono vittime non solo delle situazioni infauste e delle proprie preoccupazioni di tenere botta, ma anche dei criticoni che pontificano. Una situazione che intristisce e che cozza con la grande retorica sulla compattezza necessaria in periodi complessi e sulla capacità di dare il meglio nell'avversità. Invece è un gran vociare, un incrociarsi di voci se non di pettegolezzi e storie improbabili. Dicono: bisogna mantenere i nervi saldi e non farsi prendere dallo stress. Giusto: sono calmissimo e propositivo, ma sfugge forse a troppi la situazione in atto e la necessità di non disperdere energie, perché è evidente quanto la battaglia debba essere comune.