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23 ago 2020

Le inquietudini sul taglio dei parlamentari

di Luciano Caveri

E' indubbio che l'election day comporterà risparmi, ma tre schede in Valle d'Aosta creeranno belle code nelle attese ai seggi. Mentre le elezioni regionali e comunali sono note al cittadino, così non è per il referendum confermativo. Manca una capillare informazione sulle conseguenze della riforma che taglia il numero dei parlamentari. Alessandra Algostino, ordinario di diritto costituzionale presso la Università di Torino, si schiera con chiarezza sin dal titolo del suo articolo pubblicato su questionegiustizia.it: «Perché ridurre il numero dei parlamentari è contro la democrazia». Immagino già chi ragiona con la pancia dirmi: «sei contro la riduzione dei parlamentari a difesa della Casta, cui hai appartenuto!». No, io sono favorevole ad una riduzione dei membri delle Camere e sono per un bicameralismo che veda una seconda Camera delle Regioni, che sostituisca il Senato, nel quadro di una riforma federalista dell'Italia.

L'ho messo nero su bianco in una riforma costituzionale a favore di un'Italia federale.Mentre la riforma, che sarà approvata nel referendum confermativo fra un mesetto, è brutta e persino pericolosa. Scrive la Algostino: «Il testo costituzionale prevede una drastica riduzione del numero dei parlamentari, modificando gli articoli 56 e 57 della Costituzione (articoli 1 e 2): i deputati vedrebbero una diminuzione da 630 a 400 (i dodici eletti nella circoscrizione estero scenderebbero ad otto); i senatori, da 315 a 200 (i sei eletti nella circoscrizione estero diverrebbero quattro)». Questo significa un rapporto molto basso nel rapporto fra il numero di eletti e gli elettori: «In caso di approvazione definitiva della riforma, l'Italia si troverebbe ad avere una percentuale pari a 0.7, la percentuale più bassa fra gli Stati membri dell'Unione europea (seguita dalla Spagna, con 0.8)». E quindi: «Riducendo il rapporto fra cittadini e parlamentari, si incide sulla rappresentanza, sia da un punto di vista quantitativo sia da un punto di vista qualitativo. Quantitativamente aumenta la distanza fra rappresentato e rappresentante: non vi sarebbe più un deputato ogni 96.000 abitanti circa, bensì uno ogni 151.200 circa. Il riverbero sulla qualità della rappresentanza è evidente, con una diminuzione della possibilità per il cittadino di veder eleggere un "proprio" rappresentante, abbassando il grado di potenziale identificazione del rappresentato con il rappresentante; si restringono le possibilità di scelta e si comprime l'angolo visuale della lente che specchia la realtà e la complessità della società». Perciò: «Minando la rappresentanza, nel caso di specie riducendone gli spazi, in particolare quelli delle minoranze, si anestetizza la dialettica parlamentare, come espressione delle differenti rivendicazioni che percorrono la società, depotenziando e indebolendo il Parlamento». Ed eccoci a un punto nevralgico: «La governabilità può essere un valore, ma in sé non è necessariamente democratica, anzi, nella misura in cui segna il distacco rispetto alla rappresentanza, ovvero sacrifica pluralismo (reale o potenziale), costituisce rispetto all'ideale democratico una regressione. Ancora: quando si ragiona di efficienza, sorge ineludibile un interrogativo: efficienza in nome di che cosa? A favore di chi? Si palesa qui la connessione fra governabilità ed esigenze del mercato, donde pare che il fine non sia tanto costruire un Parlamento forte in quanto sede di discussione politica, di compromesso fra differenti visioni del mondo, ma in quanto organo efficiente nel ratificare decisioni assunte altrove, nella nebulosa della global economic governance, e, ça va sans dire, ancillare rispetto al Governo». Su questo punto capisco come la discussione potrebbe essere vivace, ma certo i rischi di un forte indebolimento del ruolo del parlamentarismo è evidente. Così conclude l'articolo, da cui ho tratto solo alcune suggestioni, segnalando come ovviamente l'approfondimento del tema è nella sua completezza ben più articolato: «La riduzione del numero dei parlamentari, restringendo gli spazi della rappresentanza, esclude potenzialmente dalla sfera pubblica, voci - plausibilmente quelle fuori dal coro - di cittadini: tende ad espellere le minoranze (specie se correlata ad un sistema elettorale non integralmente proporzionale) e incide sulla democrazia come espressione del pluralismo e del conflitto». So bene che sono stati "salvati" il deputato e il senatore valdostani, ma si ricordi come sarà ben più facile una riforma costituzionale, che potrebbe cancellare con facilità l'esistenza stessa delle Autonomie speciali, come la nostra, senza meccanismi di equilibrio, per ora assenti, e chi pensa di trovarli nella solo legge elettorale, ricordi che cambiare questa legge in futuro sarebbe, con questa riforma, di un'evidente facilità.