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12 mar 2020

Come soldati contro il "coronavirus"

di Luciano Caveri

L'altro giorno ero a Torgnon per sciare. Mi trovavo al punto di arrivo della seggiovia del "Collet" a 2.250 metri, uno dei tanti è straordinari belvedere che ci offrono sul nostro territorio una visione delle nostre montagne. Da quella visuale svetta il Cervino con la sua imponente e enigmatica singolarità e il colpo d'occhio abbraccia quella sinfonia di roccia e ghiacci che è il massiccio del Monte Rosa. Un paesaggio forgiato da milioni di anni di travagli geologici di fronte al quale ciascuno di noi misura la propria piccolezza e quanto sia fuggevole la nostra vita e insignificante il nostro passaggio, come un'orma sulla neve che mi circondava in quel momento. Il vociare attorno dei turisti mi ha riportato alla realtà di una giornata fresca in mezzo alla natura con un cielo azzurro sopra di me. Tutto perfetto? Tutt'altro.

Per la prima volta come sentimento dominante provavo per quei miei simili, quasi tutti dalla inconfondibile parlata lombarda dove il "coronavirus" ha il suo epicentro, un senso di disagio. Con il pensiero che qualcuno con cui ero salito in funivia, avevo preso un caffè a fianco al bancone di un bar, avevo interloquito dopo aver posteggiato l'auto per una richiesta di informazione fosse «uno con il virus». Lo stesso sospetto capita ormai tutti i giorni ed è frutto della giusta e legittima campagna di informazione che ci ha trasformati in soldati di un esercito, con responsabilità diverso secondo i gradi, che ha uno scopo: bloccare un'epidemia pericolosa. Si è arrivati sin qui tra mille contraddizioni, fra alti e bassi nel grado di drammatizzazione sulla portata dei rischi reali, con autorità nazionali e regionali balbettanti in molti passaggi in assenza di personalità che facessero da nocchieri in mezzo alla tempesta. Ma sono d'accordo che l'emergenza deve unire e non dividere e sarà il "dopo" a consentire una ricostruzione esatta dei fatti che ci serva a tutti da lezione e faccia capire che le decisioni politiche non possono essere assunte da certi dilettanti allo sbaraglio, così come uno non si fiderebbe delle cure di un medico non abbastanza preparato. La stretta in corso che irreggimenta le nostre vite nel solco dirigista delle misure per bloccare il virus è giusta e legittima, anche se sconvolge ogni nostra certezza e sicurezza precedente. Non ci può essere, come sinora visto, contraddizione fra logiche che evitino contatti ed assembramenti ed un percorso parallelo che li faccia continuare come se nulla fosse. Chiudiamo le scuole ed i bambini poi si ritrovavano altrove in logiche di gruppi. Negli uffici si seguono regole che distanziano e poi ci mischiamo nei centri commerciali. Non ci stringiamo la mano ma facciamo la coda in promiscuità in farmacia in attesa del nostro turno. Ma si deve pur vivere. Tuttavia sforzarsi di mettere ancora più ordine è un obbligo e dunque è stato giusto chiudere la stagione dello sci anzitempo, sbarrare il Casinò ed il Forte di Bard, ed è stata saggia la decisione - malgrado certi capricci - di spostare le elezioni regionali e forse neppure il 10 maggio sarà data utile e questo vale anche per le elezioni comunali del 17 maggio. Bisogna avere una campagna elettorale accettabile con un accesso alle urne senza paure, altrimenti sarebbe in scacco la democrazia. Intanto, oltre a questo destino collettivo di cui facciamo parte senza possibilità di scelta, resta il destino singolo e familiare. Ognuno di noi pensa giustamente a sé stesso e ai propri cari, specie ai bambini e ancor di più agli anziani, che sono le vittime favorite da questo "covid-19" che sinora non arresta la sua marcia. Ed ognuno di noi si figura già infetto, magari in quarantena a casa o finito in ospedale con l'angoscia, se fosse il caso, di non aver più un posto in rianimazione, se la malattia picchiasse ancora più duro, come purtroppo può avvenire. Il giorno per giorno ci obbliga, però, a mantenere nervi saldi e serenità. So quanto sia difficile farlo. Ma ormai Wuhan siamo noi e la nostra casa il bunker dove prevalentemente rifugiarsi. Io, nel mio piccolo, continuerò a fare il mio lavoro di informazione qui sul mio blog ed anche domani in radio sulle frequenze di "Rai Vd'A" racconterò in un'ora di trasmissione queste pagine di una storia che mai avrei voluto raccontare.