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09 mar 2020

Le diverse evasioni

di Luciano Caveri

"Evasione". Questa mattina pensavo a questa parola, guardando fuori dalla finestra, mentre albeggiava. Come talvolta capita anche in questo spazio con altri pensieri, mi sono messo a lambiccare sul perché mi fosse venuta a mente questo termine dagli usi assai diversi e persino contraddittori. Guardo il vocabolario e trovo anzitutto: "L'atto, l'effetto e il modo di evadere, fuga da un luogo". L'uso più adoperato resta la fuga da carcere e, per fortuna ma anche per miei comportamenti, problemi di questo genere non ne ho mai avuti in vita mia. Spesso mi sono sentito dire - immagino per lusingarmi - che è una medaglia per me non avere mai avuto guai giudiziari nella mia pur lunga carriera politica. A dire il vero considero questa circostanza niente altro che la normalità e mi viene da sorridere per quella celebre espressione "A torto o ragione non farti mettere in prigione".

Ma si può avere di uscire da un carcere virtuale quale può essere la monotona routine o pregiudizi che ti mettono come dietro le sbarre o le prigioni derivanti dalle rigidità ideologiche. C'è quella bella frase di Henri Laborit, medico e filosofo francese - che si incuriosirebbe delle reazioni sul "coronavirus" che stanno cambiando il nostro agire - che diceva con acume: «Non tutte le prigioni hanno le sbarre: ve ne sono molte altre meno evidenti da cui è difficile evadere, perché non sappiamo di esserne prigionieri. Sono le prigioni dei nostri automatismi culturali che castrano l'immaginazione, fonte di creatività». Altro significato: "Lo sfuggire al compimento di un dovere, o ad un impegno. In particolare: evasione fiscale, il sottrarsi in tutto o in parte all'obbligo di pagare un'imposta, che provoca una perdita di entrata per lo stato, ed è punibile con ammende, multe e, nei casi più gravi, reclusione". Anche questo non calza, avendo sempre adempiuto ai miei doveri e anche questa - ahimè - dovrebbe essere la normalità. E invece, quando ero deputato e mi trovai a seguire un sacco di Finanziarie dello Stato, trovavo ogni volta poste che venivano messe nei conti derivanti dalla lotta all'evasione fiscale, come un mantra ripetuto con scarsa convinzione e pochi risultati. E ancora tra i significati: "Liberazione da un ambiente, da una condizione morale o spirituale, o da un modo di vita, che siano divenuti insopportabili o siano causa di disagio e di sofferenza". Devo dire anche questa non calza, però esiste un certo desiderio di evasione da quegli aspetti che trovo ormai insopportabili nella nostra piccola Valle, tipo il crescente degrado della Politica e, di riflesso, delle Istituzioni. Siamo al limite di guardia è non vedo nulla di buono all'orizzonte. Le stesse elezioni, che sono un appuntamento normale in democrazia, stanno ormai assumendo aspetti quasi grotteschi. In troppi - che siano astensionisti o buoni solo per votare senza altro impegno civile alcuno - hanno deciso un'evasione dai loro diritti e doveri di cittadinanza e non si può che dispiacersi di questa scelta di astrarsi. In questi giorni poi vorrei evadere dai rischi di ossessione del "coronavirus" e forse l'unica vera evasione è pensare che, come tutto, passerà. Esiste tuttavia una diffusa pesantezza, frutto temo di quel detto e non detto che aleggia a torto o a ragione attorno a questa epidemia. Vorrei evadere da questo groppo alla gola che deriva appunto da una sorta di indeterminatezza, come fosse un'immagine sfocata di cui non si individuano i contorni netti. Spunta poi la letteratura d'evasione "che, all'opposto di quella "impegnata", elude prese di posizione ideologiche, problematiche sociali o morali, e simili, privilegiando invece contenuti, intrecci e situazioni in cui prevalgono la fantasia, il sentimento e l'avventura". Questo ogni tanto mi può servire questo affrontare una letteratura di svago - esistono un mare di romanzi senza troppo cadere in basso - anche se realisticamente oggi a farci evadere di più sono semmai la televisione e quel mostro onnivoro che è la Rete. Si tratta di un antidoto da non disconoscere affatto nella nostra esistenza. Resta l'uso burocratico di "evasione", nel senso di "risposta, avvio a una soluzione: dare evasione una lettera; in evasione alla vostra istanza...; dare evasione a una pratica, darle corso, sbrigarla, portarla a termine". Mi fa pensare a come nella quotidianità esista l'evidente paradosso che tutti parliamo della necessità di ridurla questa famosa burocrazia e invece avviene esattamente il contrario. Penso, ad esempio, a quanto ragionammo - quando mi occupavo di questioni europee - sulla riduzione dell'intrico burocratico per la gestione dei fondi comunitari è mai questa celebrata semplificazione si è concretizzata. O penso sempre al "coronavirus" ed a certe norme cieche e sciocche, che si affiancano a quelle indispensabili per evitare un aumento dei contagi e la trasformazione dell'epidemia in pandemia. Tutto si fa più complicato se si rovescia la parola "evasione" e si cerca il suo contrario. Parole come "partecipazione", "interessamento" ed "impegno" sostanziano molto la nostra vita e specie in Democrazia sono e restano i pilastri e dunque è bene che l'evasione non sia, almeno in quello, disimpegno e distrazione.