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27 gen 2020

Il silenzio del Parlamento sul fine vita

di Luciano Caveri

Guardavo l'altra sera alla televisione uno dei film più interessanti dello scorso anno, "Arrivederci Professore" del regista Wayne Roberts, che ha qualche affinità - nel rapporto particolare fra un docente e i suoi studenti - con il celebre film del 1989, "L'attimo fuggente", con quel professor John Keating interpretato da Robin Williams, che ha segnato più generazioni. Ricordate quel passaggio che ci è rimasto nel cuore? «"Cogli l'attimo, cogli la rosa quand'è il momento". Perché il poeta usa questi versi? [...] Perché siamo cibo per i vermi, ragazzi. Perché, strano a dirsi, ognuno di noi in questa stanza un giorno smetterà di respirare: diventerà freddo e morirà. Adesso avvicinatevi tutti, e guardate questi visi del passato: li avrete visti mille volte, ma non credo che li abbiate mai guardati. Non sono molto diversi da voi, vero? Stesso taglio di capelli... pieni di ormoni come voi... e invincibili, come vi sentite voi... Il mondo è la loro ostrica, pensano di esser destinati a grandi cose come molti di voi. I loro occhi sono pieni di speranza: proprio come i vostri. Avranno atteso finché non è stato troppo tardi per realizzare almeno un briciolo del loro potenziale? Perché vedete, questi ragazzi ora sono concime per i fiori. Ma se ascoltate con attenzione li sentirete bisbigliare il loro monito. Coraggio, accostatevi! Ascoltate! Sentite? "Carpe", "Carpe diem", "Cogliete l'attimo, ragazzi", "Rendete straordinaria la vostra vita"!».

Johnny Depp, nella pellicola di cui parlavo, veste i panni di un professore malato terminale, Richard. Insegnante di letteratura inglese in un college, scopre appunto d'improvviso di avere un cancro ai polmoni in stato avanzato, con pochi mesi da vivere. Deciso a rifiutare le cure e a non dire - se non al suo migliore amico - di questa sua malattia, prima di morire Richard modifica drasticamente la sua vita: caccia dalle sue lezioni chiunque non sia interessato e spinge gli allievi rimasti a liberare la loro voce; scandalizza studenti e colleghi con atteggiamenti ribelli; beve fino a stordirsi; sperimenta nuove avventure sessuali; cerca di essere il più franco possibile con la moglie Veronica (che lo tradisce con il rettore del college) e di amare incondizionatamente la figlia Olivia. Per Richard sarà un lungo, liberatorio, terapeutico congedo dalla vita con un finale enigmatico verso il tramonto. Questa questione del "fine vita", specie con una malattia disastrosa, è un tema che resta di grande attualità. Un idolo della mia giovinezza, Pietro Anastasi, numero 9 della Juventus negli anni Settanta, si è trovato con un cancro e con la "Sla" (come molti altri, troppi, calciatori) ed ha scelto di morire, smettendo di soffrire, con la sedazione profonda. Uno strumento che fa parte dell'armamentario di quel testamento biologico, che oggi, pur lentamente nella sua parte applicativa, è emerso nella legislazione italiana contro l'accanimento terapeutico quando si è già più morti che vivi. Ma ciò non basta e lo ha spiegato - riporto qui il comunicato - la Corte Costituzionale nel caso dell'incriminazione per Marco Cappato, accusato di istigazione al suicidio (da cui poi è stato prosciolto) per la morte in Svizzera per suicidio assistito del DJ Fabo. Così la Consulta in una sintesi della ben più articolata sentenza: "La Corte ha ribadito, anzitutto, che l'incriminazione dell'aiuto al suicidio non è, di per sé, in contrasto con la Costituzione ma è giustificata da esigenze di tutela del diritto alla vita, specie delle persone più deboli e vulnerabili, che l'ordinamento intende proteggere evitando interferenze esterne in una scelta estrema e irreparabile, come quella del suicidio. E' stata però individuata una circoscritta area in cui l'incriminazione non è conforme a Costituzione. Si tratta dei casi nei quali l'aiuto riguarda una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale (quali, ad esempio, l'idratazione e l'alimentazione artificiale) e affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, ma che resta pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli. In base alla legge sulle disposizioni anticipate di trattamento (legge 22 dicembre 2017, n. 219, sulle "Dat - Disposizioni anticipate di trattamento"), il paziente in tali condizioni può già decidere di lasciarsi morire chiedendo l'interruzione dei trattamenti di sostegno vitale e la sottoposizione a sedazione profonda continua, che lo pone in stato di incoscienza fino al momento della morte. Decisione che il medico è tenuto a rispettare. La legge, invece, non consente al medico di mettere a disposizione del paziente trattamenti atti a determinarne la morte. Il paziente è così costretto, per congedarsi dalla vita, a subire un processo più lento e più carico di sofferenze per le persone che gli sono care. Ciò finisce per limitare irragionevolmente la libertà di autodeterminazione del malato nella scelta dei trattamenti, compresi quelli finalizzati a liberarlo dalle sofferenze, garantita dagli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione. Questa violazione costituzionale non potrebbe essere, tuttavia, rimossa - secondo la Corte - con la semplice esclusione della punibilità delle condotte di aiuto al suicidio delle persone che si trovano nelle condizioni indicate. In assenza di una disciplina legale della prestazione dell'aiuto, si creerebbe, infatti, una situazione densa di pericoli di abusi nei confronti delle persone vulnerabili. Disciplina che dovrebbe, d'altra parte, investire una serie di aspetti, regolabili in vario modo sulla base di scelte discrezionali, rimesse al legislatore. Per questa ragione la Corte aveva quindi disposto, con l'ordinanza emessa lo scorso anno, un rinvio dell'udienza di trattazione delle questioni, in modo da consentire al Parlamento di intervenire in materia. Poiché non è stata approvata nessuna normativa, la Corte ha ritenuto di dover porre rimedio, comunque sia, alla violazione riscontrata. Nella specie, un preciso "punto di riferimento", utilizzabile a questo fine, è stato individuato nella disciplina della legge sulle "Dat" relativa alla rinuncia ai trattamenti sanitari necessari alla sopravvivenza del paziente e alla garanzia dell'erogazione di una appropriata terapia del dolore e di cure palliative (articoli 1 e 2 della legge n. 219 del 2017). Queste disposizioni prevedono una "procedura medicalizzata" che soddisfa buona parte delle esigenze riscontrate dalla Corte. Inoltre, i giudici costituzionali hanno ritenuto che la verifica delle condizioni che rendono legittimo l'aiuto al suicidio e delle relative modalità di esecuzione debba restare affidata, in attesa dell'intervento legislativo, a strutture pubbliche del servizio sanitario nazionale. Ciò in linea con quanto già stabilito in precedenti pronunce, relative a situazioni analoghe. La verifica dovrà essere effettuata previo parere del comitato etico territorialmente competente, organo consultivo per i problemi etici che emergono nella pratica sanitaria, in particolare a fini di tutela di soggetti vulnerabili. L'articolo 580 del Codice penale è stato dichiarato, quindi, costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non esclude la punibilità di chi agevola il proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona che versi nelle condizioni indicate in precedenza, a condizione che l'aiuto sia prestato con le modalità previste dai citati articoli 1 e 2 della legge n. 219 del 2017 e sempre che le suddette condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente. Queste condizioni procedurali introdotte con la sentenza della Consulta valgono esclusivamente per i fatti ad essa successivi. E quindi non possono essere richieste per i fatti anteriori, come quello di DJ Fabo - Cappato. Per questi, occorrerà che l'aiuto al suicidio sia stato prestato con modalità anche diverse da quelle indicate, ma che diano garanzie sostanzialmente ad esse equivalenti; in particolare quanto a verifica medica delle condizioni del paziente richiedente l'aiuto, modi di manifestazione della sua volontà e adeguata informazione sulle possibili alternative". Per ora il Parlamento tace.