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21 dic 2019

La difficile ripartenza

di Luciano Caveri

Calma e gesso. Va benissimo ogni forma di indagine, di processo, di autocritica, di lavacro, ma sia chiaro che la Valle d'Aosta resta una Regione alpina con valori e risorse capaci di dare risposte alla terribile crisi in corso per mano della 'ndrangheta e dei suoi complici o presunti tali. Paghi chi, soggetto in ruoli elettivi apicali e non solo, risulterà essere colluso in base ai reati che saranno accertati. Il che non vuol dire affatto non avere già ora un'indicibile tristezza e una profonda indignazione per certe storie lette nelle intercettazioni e nelle ricostruzioni dell'accusa, che spetterà agli accusati contestare, se ne avranno la possibilità. Se non ci riusciranno peggio per loro, perché verranno inchiodati alle loro responsabilità di personalità pubbliche. Intanto, aspettando i processi, cade come una mannaia un giudizio morale per chi con certi tipi deprecabili è sceso ad interessato compromesso a caccia di voti in una logica di "do ut des" fuorilegge.

Si è radicata per le elezioni regionali questa psicosi delle preferenze che ha inquinato i pozzi, creando situazioni ben visibili nelle vicende di un desiderio spasmodico di contare di più, scendendo a un dialogo fitto fitto con quella parte di mondo calabrese che va combattuta da tutti i valdostani onesti, in primis quelli di origine calabrese che credo ne abbiano le tasche piene di chi ha portato metodi dalla Calabria al cuore delle Alpi. Chi invece, giocando alla 'ndrina rossonera con agganci nella terra d'origine, pensa di essere riuscito a farlo senza ostacoli, sappia che non può e non deve essere così. Peggiore ancora è chi gongola in certi colloqui registrati di come membri del mondo Autonomista siano stati proni di fronte a loro. L'accoglienza e l'integrazione non significano mai prendere il peggio ed accettare virus che si sono inoculati con grande facilità in una società disabituata alla gravità della violenza e del sopruso. E mai parlerei di ingenuità in chi, incarnando ruoli elettivo di prestigio, non può fare la verginella presa in giro ed irretita da cattivoni senza scrupoli, lupi con pellicce d'agnello con cui si fraternizza in modo plateale. Oltretutto i silenzi a fronte di indagini già notificate, vista la prima parte di "Geenna", sono lesivi di quella logica di trasparenza che in troppi sbandierano ed alcuni sono gli stessi convinti che, dopo Natale, cadrà un oblio su quanto avvenuto. Potrebbe esserci a supporto di questa idea balzana il ritorno in gran pompa di chi era stato "perdonato" per vicende precedenti, quando in una democrazia normale non lo si sarebbe neanche più visto in fotografia. La verità - torno a dire - sta nel fatto che alcuni di indubbia capacità nel mondo Autonomista (solo in quello?) sono stati accecati da ambizione e potere, mentre altri erano "senza arte né parte" ed avevano bisogno di avere un doping elettorale per non finire nel dimenticatoio. Storie umane tristi e gravi, da cui spero qualcuno possa uscirne indenne, ma già si annunciano nuove inchieste che chissà chi implicheranno e la mancanza di una parola "fine" inquieta perché questa tempesta sembra essere infinita e rende difficile poter ripartire. Ecco perché il tempo conta e se il Male va estirpato, penso si debbano chiedere alla Giustizia tempi certi, sapendo che la lunghezza dei processi ed i tre gradi di giudizio rischiano di creare un clima di incertezza senza sbocchi se il terremoto sarà perpetuo. Con in più il rischio che avvenga quanto successo questa volta con rivelazioni sottobanco sparse troppo facilmente, immagino pure con preoccupazione degli inquirenti per fughe di notizie premature. Non si tratta - sia chiaro - di invocare una tregua, perché questa non è una guerra, ma la sottolineatura di una normalità esistita in una storia Autonomista valdostana, che oggi sembra essere dipinta solo a tinte scure. Se è sempre stato sbagliato il cliché dell'isola felice, vediamo di non cascare nel suo esatto contrario, perché sarebbe ingiusto fare di tutta un erba un fascio con un assist a chi odia la Valle d'Aosta per ragioni personali, ideologiche o è sulla scena solo per sfruttare certi venti di antipolitica, di demagogia e di populismo. Senza sconti per nessuno - lo ripeto - bisogna ripartire su basi solide. Lo dico nella convinzione che ci vuole un impegno fra chi - e mi metto fra questi - ha accumulato esperienze utili e deve offrire elementi di conoscenza positiva, se lo si vorrà, ed energie nuove che si impegnino per il futuro che verrà rafforzato in un patto intergenerazionale. Vedo tanti pronti a farlo, anche se per ora trionfano la confusione e lo smarrimento. Il punto a capo, senza pietà e senza nostalgie, offre una terreno fertile da cui ripartire.