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01 lug 2019

Paradossi olimpici

di Luciano Caveri

Non ho voglia di giocare controcorrente, perché qualunque notizia che di questi tempi in Italia risulti essere una vittoria e non una sconfitta fa già punteggio e rialza leggermente il galleggiante affondato nel pessimismo. Per cui - solo per questo e per non borbottare sempre e comunque - prendo atto delle strane Olimpiadi lombardo-venete con le sedi (Milano e Cortina) che sono a 412 chilometri di distanza e quattro ore e mezza di percorrenza media in auto. E' il frutto di un compromesso fra Lega, che governa in Veneto, e Partito Democratico, che governa Milano: uniti dalla speranza di grandi successi, mentre i concorrenti ai Giochi invernali si sono sfilati in questi anni non perché siano fessi ma per i costi esorbitanti e il rischio di flop. Erano rimasti in lizza - sconfitti seccamente - solo gli svedesi di Stoccolma. La mancata appetibilità delle Olimpiadi estive e invernali dovrebbe far ragionare sui famosi costi-benefici, ma sia sa che tutti sono convinti in Italia che solo manifestazione così fanno sbloccare opere altrimenti destinate a non partire mai, con lo sport che sembra diventare un pretesto per "fare partire l'economia".

Ha scherzato con grande arguzia Stefano Bartezzaghi su "La Repubblica": «Resta la leggera incongruità di Olimpiadi note soprattutto per lo sci ambientate nella proverbiale piattezza del paesaggio, increspata solo da due modestissime alture derivate dall'accumulo di macerie dei bombardamenti, a San Siro e a Lambrate. A Milano neve e sport è una coppia che ricorda più che altro il crollo del nuovissimo palazzetto dello Sport dovuto alla nevicata grande del 1985. Ma tutto si supera. Di sé Milano ama dire "Milan, col coeur in man", Milano con il cuore in mano, ed è un autoritratto che parla di una certa compassionevole propensione a carità e misericordia, ma anche della proverbiale voglia di fare: fare del bene e farlo bene. Fra sette anni vedremo se altrettanto bene le sarà venuta la trasformazione in Milan col curling in man». Ironia a parte, resta la verità nuda e cruda che Olimpiadi invernali nell'appunto piattissima Milano fanno sorridere e poco conta che da lì nelle giornate limpide si possa vedere il Monte Rosa. Su questo bisogna guardarsi negli occhi e dirsi che già "Pechino 2022" è un calcio nel sedere alla montagna, lo era già stato in parte Torino nel 2006 (cosa sia restato nelle vallate lo sappiamo bene ed è poca cosa), per non dire della russa Soči che fu una presa in giro come luogo, peggiorato da un uso spregiudicato del doping da parte di Vladimir Putin e della sua congrega. E' vero che ci saranno le Dolomiti, ma questo rende ancora più grottesco il tutto, visto che semmai Milano sarebbe dovuto orbitare sulle Alpi di maggior prossimità, ma la "realpolitik" ha indicato la strada del compromesso e Cortina, dopo i Mondiali di sci, viene baciata (si fa per dire...) dalla fortuna, che è poi il generone romano che si occupa dello sport in Italia e che invade la cittadina veneta ed i pochi montanari rimasti fanno folklore. Ma, bando alla mestizia, immagino che ora si debba lavorare per queste Olimpiadi. I poveri "pentastellati", che non hanno voluto le Olimpiadi a Roma, città ormai ridotta allo stremo dalla totale imperizia della sindaca Virginia Raggi e dal suo entourage, ora fingono giubilo per le Olimpiadi invernali, dopo che la "pentastellata" Chiara Appendino (forse persino peggio di Raggi nel governo del capoluogo del Piemonte) ha sfilato Torino dall'operazione. Ci sarà da ridere, perché i "Cinque Stelle" avevano detto: «nessun denaro da parte dello Stato per i Giochi» e ora - come mille altre questioni, "Tav" compresa - dovranno mangiare amari bocconi, mentre la loro sconfitta elettorale è ormai in corso e peggiorerà ulteriormente. Le Olimpiadi invernali dovrebbero avere altro respiro che logiche metropolitane con qualche addendo alpino, perché dimostrano come la montagna finisca per essere eterodiretta dalle città della pianura, dove ci sono i numeri che contano. Le zone di montagna vera, come il Canton Valais ed i Grigioni, analogamente al Tirolo del Nord, lo hanno capito a colpi di referendum, uscendo dalla competizione, rimasta appunto fra due soli competitori e si sa che in Svezia esisteva un'ampia frangia di contrari. Vedremo e il solito «in bocca al lupo» (predatore che moltiplica la sua presenza sulle Alpi, mentre i montanari decrescono) non suoni come beffardo.