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24 giu 2019

La Maturità che ritorna nei sogni

di Luciano Caveri

Credo che la fortuna dell'espressione "Gli esami non finiscono mai", titolo dell'ultima commedia scritta da Eduardo De Filippo, sia significativa di un idem sentire, che nella vita si evidenzia a qualunque età. Ogni giorno può capitare, per le circostanze più disparate, di essere sotto esame, perché posti in quella condizione o, peggior giudice possibile, capita di fare i conti con sé stessi, il temibile esame di coscienza. Ma vale, come ha scritto il romanziere Niccolò Ammaniti, un elemento sempre consolatorio come per me il bagno nel Lago Sirio subito dopo il mio orale alla Maturità: «Nella vita le cose passano sempre, come in un fiume. Anche le più difficili che ti sembra impossibile superare le superi, e in un attimo te le trovi dietro alle spalle e devi andare avanti. Ti aspettano cose nuove». Come fu il tuffo liberatorio...

Ci pensavo oggi che i ragazzi affrontano l'esame di Maturità (925 in Valle), oltretutto in una versione nuova e temo contraddittoria, nella mania - anch'essa proverbiale con Tomasi di Lampedusa nel "Gattopardo" - del «tutto cambia perché nulla cambi». Capita con i miei compagni del Liceo Classico di Ivrea di evocare quei giorni, che iniziavano allora il 1° luglio, con la stessa ansia di oggi per capire quali sarebbero stati i temi di italiano scritto, come sarebbe stata la versione (nel mio caso di greco) e se - come avvenne per me - ci avessero o meno cambiato materia all'orale. Sono stupefatto della circostanza che alcuni di questi miei amici ricordino particolari esatti dei loro scritti o della loro prova orale, mentre io francamente non ricordo molto, se non quell'estate unica e straordinaria per la sua lunghezza e per la voglia di vivere. Resta l'aspetto - come dire? - psicoanalitico che nella logica freudiana dell'interpretazione dei sogni ci pone di fronte all'incubo notturno di "rivivere", spesso con esiti bizzarri, quella nostra Maturità. Spiegava ieri a Ilaria Venturi su "La Repubblica" Stefano Bolognini, primo psicoanalista italiano a guidare per sette anni, sino al 2017, la "Società psicoanalitica internazionale", fondata da Sigmund Freud, che ha detto: «Normale che sia così». E aggiunge sulle caratteristiche di questo esame che fa ancora tremare i polsi: «Credo di sì, è ancora un passaggio non inutile che espone all'essere giudicati, premiati o puniti: c'è la classifica e questo lo si sente. Confrontarsi con la realtà esterna, in questo caso fuori dalla propria classe, è sempre un banco di prova». Quel che è interessante è la difesa che Bolognini fa di questo babau degli studenti, che ogni tanto si pensa di sopprimere: «Si toglierebbe una componente della natura umana che è l'Ideale dell'Io, cioè quando il soggetto si propone un passo in più nella sua vita. Certo, se l'ostacolo da superare è troppo alto si espone al fallimento, ma se non c'è nemmeno un ostacolo non cresce e si abbruttisce. La miscela giusta è proporre all'Io una meta ideale, ma raggiungibile. Così è per i ragazzi: li faremmo degradare se lasciati pascolare senza un incentivo come può essere l'esame. Ma attenzione: se si pone loro un ideale troppo alto li si espone a una frustrazione non produttiva. L'esame di Stato deve essere una meta ragionevole che li mette in grado di esprimere quello che possono, beninteso con impegno e lavoro. Non rinuncerei, se così, a questa Maturità, al di là di come viene tecnicamente proposta ogni anno». E poi, più avanti, torna sul sogno-incubo: «Succede perché questo esame, così come la laurea, è l'ufficializzazione del fatto di venire dichiarati più o meno cresciuti, e siccome dentro in realtà non siamo mai del tutto cresciuti diventa lo scenario onirico (anche nella veglia!...) nel quale veniamo smascherati. E' come se ognuno di noi dicesse: "Dannazione! Mi hanno scoperto, non sono la donna o l'uomo tutto adulto e maturo che credevo e credevano!" In realtà, questa è la normalità: rivisitiamo nei sogni delle regressioni a quando non eravamo sufficientemente maturi e integrati, ma ci confrontiamo anche con l'inevitabile incompletezza del nostro essere adulti rispetto alla "asticella alta" del nostro segreto Ideale dell'Io. La Maturità è quel rito lì, e per questo diventa una scena emblematica nel teatro del sogno». Interessante, anche se lo sarà meno per i giovani che oggi si accingono alla prima prova, che tra l'altro - per ragioni che restano per me un mistero - ha visto sparire la traccia di Storia. In un epoca di inquietante smemoratezza spiace che questo avvenga ed è un segno di sciatteria.