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30 mar 2019

Le regole e il buonsenso

di Luciano Caveri

E' molto complicato di questi tempi darsi delle regole. Mi viene in mente la frase di quel comico siciliano morto di recente, Pino Caruso, che con freddezza anglosassone annotava: «L'unica trasgressione possibile nel nostro Paese è l'obbedienza alle regole». Lo si vede quotidianamente e non è affatto un vanto ed a questo malvezzo si sono abituati anche i valdostani, che sembrano avere la pazienza di Giobbe anche verso chi, in ruoli elettivi, ama uscire dal seminato e infrangerle queste benedette regole. Studiare, confrontarsi e poi decidere. L'esercizio siffatto pareva essere il minimo sindacale in democrazia, che si dovrebbe arricchire con un principio ulteriore: chi fa politica e si trova ad prendere decisioni attraverso leggi e atti amministrativi - fatta salva una cultura di base - deve avvalersi di chi sia tecnico in certe materie per scegliere le strade migliori per raggiungere gli scopi preposti.

In questo senso, infatti, la decisione politica finale resta nelle mani (sin spera pulite...) della politica ed è questo passaggio finale una forte assunzione di responsabilità che sarà poi al vaglio degli elettori con la tagliola del voto. A condizione certo - e questo dovrebbe sempre differenziare la democrazia da altri sistemi - che i cittadini siano debitamente informati e consapevoli per evitare di essere marionette in mano ai decisori o peggio ancora sotto gli effetti di illusionisti della promessa che sanno incantare le masse e nel caso più sono malleabili ed ignare e meglio è. Questo percorso di ricerca delle migliori soluzioni per risolvere i problemi vale anche per le linee programmatiche delle forze politiche, dove non sempre su singole materie "uno vale uno", perché la cultura e l'esperienza sono un elemento prezioso rispetto a chi si esprime senza avere le necessarie competenze. Un sacco di volte, dopo aver approfondito dossier complicati, mi sono ritrovato a discutere in sedi politiche interne o istituzionali con chi non ne sapeva un tubo e pretendeva confronti allo stesso livello. Questa non è democrazia, perché l'eguaglianza anche nell'affrontare i temi presuppone uno sforzo di conoscenza di tutti gli interlocutori attorno ad un tavolo. Ci stanno degli spazi per il buonsenso "generalista", ma la crescente complessità della società in cui viviamo obbliga a tener conto della preparazione e del valore. Oggi poi basta un'occhiatina a "Wikipedia" ed una navigatina sul Web per avere persone che si considerano Pico Della Mirandola con buona pace di chi ha speso tempo e fatica su di un certo argomento. Quanto tempo si perde per questo in discussioni vacue e quanta pazienza ci vuole con chi non possiede gli strumenti minimi, ma ti affronta con la sicumera del massimo esperto mondiale di una certa materia. Sarò snob ma trovo che bisognerebbe fare tutti un bagno di umiltà e guardare con riconoscenza a chi si è preso l'impegno di guardare dentro le cose, perché la superficialità è un male contagioso e noto con dispiacere che l'ignoranza genera ignoranza. Tutti inneggiano alla necessità di migliorare la "cosa pubblica" e personalmente sono d'accordo, perché mai come in questo momento la piccola Valle d'Aosta sembra aver messo la retromarcia, peggiorando qualità della vita e dei servizi e suona poco consolante che altrove si stia peggio. Meglio guardare più in su nelle classifiche che guardare in basso a chi resta dietro di noi in graduatoria. Ecco perché la competenza e l'impegno dovrebbero essere la base delle famose "regole d'ingaggio". Purtroppo capita spesso di parlare con donne e uomini che potrebbero fare la differenza, spazzando via chi è finito in politica per ragioni poco nobili. Ma in troppi sorridono gentili, dicendo che ci penseranno, ma si sa che si tratta in sostanza di un «no». Ognuno ha le sue buone ragioni, ma il "no" genera il vuoto di persone capaci e il degrado conseguente non è dunque solo colpa dei mediocri o dei trafficoni cui si lascia lo spazio, che occupano volentieri posti cui altri più meritevoli e capaci rinunciano.