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28 gen 2019

La Politica non può essere immorale

di Luciano Caveri

Bisogna fare in modo di mantenere alcune certezze quando tutto - e per ottime ragioni - sembra attorno a noi diventare cupo e preoccupante. Per questo vorrei piantare un primo paletto, affinché non trionfino scoraggiamento e rinunce di fronte all'orrore che si spalanca sotto i piedi di qualunque cittadino valdostano onesto, che oggi vede la Valle d'Aosta sui telegiornali e giornali mischiata a fondo in storie di 'ndrangheta. E' vero che esistevano già tutti gli elementi per saperlo e ne ho scritto da molti anni, ma questa volta - a maggior ragione - ce lo troviamo sbattuto in faccia e a questo bisogna reagire, non facendo il gioco generico delle condanne vaghe per lavarsi la coscienza. Come si sia arrivati qui ha nomi, cognomi ed indirizzi.

Voglio ribadire come chi faccia politica non abbia diritto a sconti particolari di fronte al codice penale e pure rispetto - se c'è - alla propria coscienza, anzi chi scelga l'impegno pubblico assume doveri suppletivi nei confronti della comunità e dell'etica pubblica. Principi cui bisogna rifarsi se ci si presenta alle elezioni ed a maggior ragione se si viene eletti a difesa dei principi democratici e costituzionali. Ci pensavo in queste ore in cui l'ennesima bufera sulle istituzioni - ma questa volta appunto con l'olezzo della 'ndrangheta - colpisce la nostra piccola Valle d'Aosta. Certo bisogna essere garantisti e cauti, ma questo non significa affatto fare quelli che aspettano la sentenza definitiva, perché già nell'immediatezza certi giudizi pressano, pur sapendo che - senza processi sommari - non si può neppure pensare a chissà quali rinvii di fronte a fatti preoccupanti che da tempo emergevano. Oggi è come se piano piano si rivelasse un sistema, rispetto a quanto già appariva a spizzichi e bocconi: la criminalità organizzata di stampo calabrese da anni ha dato l'assalto alla nostra piccola Valle e non esiste perdonismo per chi in politica ne risulti complice, tradendo i suoi principi. Specie - per capirci - in quell'area autonomista valdostana densa di autorità morali del passato che sarebbero esterrefatte di fronte a certe derive e pure assistendo a certe ipocrisie di chi scopre d'improvviso l'acqua calda. Il compianto filosofo torinese, Norberto Bobbio, così contestava una convinzione comune secondo la quale «l'uomo politico possa comportarsi in modo difforme dalla morale comune, che ciò che è illecito in morale possa essere considerato e apprezzato come lecito in politica, insomma che la politica ubbidisca ad un codice di regole, o sistema normativo, differente da, e in parte incompatibile con, il codice, o il sistema normativo, della condotta morale. Quando Machiavelli attribuisce a Cosimo de' Medici (e sembra approvare) il detto che "Gli Stati non si governano coi Pater Noster in mano", mostra di ritenere, e dà per scontato, che l'uomo politico non possa svolgere la propria azione seguendo i precetti della morale dominante, che in una società cristiana coincide con la morale evangelica. Per venire ai giorni nostri, in un ben noto dramma, "Les mains sales", Jean Paul Sartre sostiene, o meglio fa sostenere a uno dei suoi personaggi, la tesi che chi svolge un'attività politica non può fare a meno di sporcarsi le mani (di fango o anche di sangue)». Per cui sembrerebbe lecito poter immaginare una sorta di doppio binario fra persone comuni e chi si occupa di politica, anche se poi - nelle conclusioni della lunga ricostruzione del quadro di riferimento - Bobbio diventa secco: «Il dibattito sulla questione morale riguarda spesso, e in Italia prevalentemente, il tema della corruzione, in tutte le sue forme, previste del resto dal codice penale sotto la rubrica dei reati di interesse privato in atti di ufficio, di peculato, di concussione, eccetera, e specificamente, con riferimento quasi esclusivo a uomini di partito, il tema cosiddetto delle tangenti. Basta una breve riflessione per rendersi conto che ciò che rende moralmente illecita ogni forma di corruzione politica (tralasciando l'illecito giuridico), è la fondatissima presunzione che l'uomo politico che si lascia corrompere abbia anteposto l'interesse individuale all'interesse collettivo, il bene proprio al bene comune, la salute del proprio io e della propria famiglia a quella della patria. E ciò facendo sia venuto meno al dovere di chi si dedica all'esercizio dell'attività politica, e abbia compiuto un'azione politicamente immorale». Sono ancora più gravi i legami luciferini fra l'eletto e la criminalità organizzata, con politici che diventano come marionette (ma spesso anche complici negli "affari") nelle mani di chi li ha "aiutati". Non si fa niente per niente. E magari possiamo anche aggiungere che è inaccettabile che avvenga che, coloro che in politica non seguono certi filoni di amicizie "interessate" o "sporche", finiscano per essere considerati fuori dal coro. E' vero, semmai, che non ci si debba fare intimorire dai disonesti. Come politico di vecchia data, che rivendica le "mani pulite", questo fenomeno mi fa venire il vomito ed obbliga a reazioni forti specie da parte di chi ha in mano la chiave vera e cioè il voto, se libero e responsabile. Mai abituarsi al peggio e dunque vale quello slogan sempre buono: "Onestà e Competenza".

P.S.: Vorrei finire con un sorriso. Negli atti dell'inchiesta si parla di controllo dei venditori ambulanti in arrivo dalla Calabria. Quindi camion e chioschetti di ortofrutta che fanno bella (brutta!) mostra sulle strade valdostane spariranno?