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28 dic 2018

Caspita, domani sono sessanta!

di Luciano Caveri

Da bambino ma anche da ragazzo una persona di sessant'anni (in lettere fa ancora più impressione) mi sembrava vecchissima, direi con umorismo macabro più di là che di qua. Ora, come una specie di lampo, mi ritroverò proprio domani ad avere questa età, anche se - maledizione! - questi anni non li sento, ma li ho! Ho avuto sino ad oggi - e spero continuerà - una vita felice e nello scriverlo se non faccio gli scongiuri è solo perché non sono superstizioso. Anche se, nel grande mistero delle nostre vite, non ho ancora certezze su quali siano i flussi regolatori delle nostre esistenze e dei disegni o delle semplici casualità che si possono intravvedere. Comunque sia la tappa di domani non è per nulla banale e la affronto in una logica da salto ad ostacoli, guardando ai salti successivi, senza troppo soffermarmi.

Quando hai vent'anni e pensi a quelli successivi conti fino a quaranta, quando nei quaranta conti fino a sessanta, ma quando ne hai sessanta il ventennio successivo ti porta - se mai ci arriverai - alla veneranda e faticosa età degli ottant'anni, in quello che diventa ovviamente una sorta di conto alla rovescia. Prospettive diverse - certo! - pur segnalando che è proprio il disegno o il suo contrario a dirci che ogni giorno è qualche cosa di guadagnato da quando cresci nel ventre materno sino all'ultimo respiro in condizioni che nessuno, nella logica della livella, conosce come sarà. Ho avuto la fortuna di vivere molte esperienze, di conoscere tante persone, di trovarmi in condizioni diverse molto spesso arricchenti: credo di poter dire che ho sempre cercato di essere me stesso con i miei pregi ed i miei tanti difetti. Rivendico impegno ed onestà, che spero mi vengano riconosciuti anche da chi non mi sopporta, quasi sempre ricambiato. Più il tempo passa e più capisco i valori più certi della vita, che sono il cerchio dei propri cari e le amicizie, che pure nel corso degli anni - come in un lungo film - mutano sulla scena e si trovano, si perdono, si ritrovano. Ho una moglie che amo, tre figli meravigliosi, un fratello che mi sta vicino ed una cerchia di persone con cui sto bene ed oggi ho imparato a godere di momenti in cui tirare il fiato dalla quotidianità e da quella mania - stampata nel "dna" - di non stare mai fermo e di sentirmi sempre sotto pressione, come se dovessi dimostrare a qualcuno di non stare in panciolle, arrivando sempre in tempo e mai in ritardo come condizione mentale, preparandomi ad ogni cosa. Lo faccio spesso con qualche acuto del mio caratteraccio e devo dire che sopporto sempre meno gli stupidi, i cattivi e i mentitori. Ormai ho una specie di radar che a un certo punto me li segnala. Restano due altri punti di riferimento. Il primo è la passione giornalistica del racconto, oggi soprattutto in Radio ma credo anche attraverso questo sforzo quotidiano per scritto. Credo che questo fosse davvero il mestiere per cui ero tagliato, anche se poi l'altro punto di riferimento è diventato centrale per moltissimi anni: la politica. Passione da cui ho avuto molto e qualcosa mi ha anche tolto nella logica di completo assorbimento in cui ho vissuto alcuni ruoli importanti di cui sono fiero. So quanto suoni retorico e stucchevole il fatto che un altro mio grande amore è stata ed è la Valle d'Aosta sia come terra che mi ha dato i natali (ed essendo nato a Natale ci sta!) sia come umana e culturale. Ho cercato, nei miei ruoli pubblici più o meno importanti, di fare gli interessi per questa mia Valle senza mai cadere in logiche isolazionistiche o in un nazionalismo asfittico e caricaturale. Ho sempre guardato attorno a noi per imparare altre storie e altre civiltà, perché questo è l'esatto contrario della presunzioni di credersi sufficienti e chiusi. Non per un cosmopolitismo o un positivismo sterili, ma perché nel nostro minuscolo siamo una dinamica e sempre cangiante scheggia dell'umanità intera, di cui bisogna prendere il bene e comprendere il male. Domani spegnerò, da copione, le mie candeline e probabilmente mi commuoverò, perché questo avviene invecchiando, quando ti senti come una vecchia nave da tanto tempo in mare o una di quelle conifere ormai datate di un nostro bosco. Amo la vita e guardo il cielo stellato per cogliere la presenza di tutti quelli che, in troppi, mi hanno lasciato, specie coloro cui ho voluto bene e loro a me. E' una triste contabilità, certo, ma loro sono sempre con me. Ed io, quando non ci sarò più, resterò nei cuori e nei ricordi di chi resterà. Con Mark Twain: «Tra venti anni non sarete delusi dalle cose che avete fatto... ma da quelle che non avete fatto. Levate dunque l'ancora, abbandonate i porti sicuri, catturate il vento nelle vostre vele. Esplorate. Sognate. Scoprite». Oggi, come tanti anni fa, pur sapendo che il mare, come la vita, può essere procelloso, ma anche stupendamente liscio come l'olio.