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02 ott 2018

La vecchia storia del decreto legge

di Luciano Caveri

I ritardi oggettivi nell'emanazione del decreto legge su Genova, dopo il dramma del ponte autostradale frantumatosi con morti e feriti, oltreché con danni per cittadini dei luoghi, per la città intera e per la viabilità generale, hanno acceso il faro su questo strumento giuridico del quale ho una certa pratica, visto che per tanti anni ho fatto parte di quella I Commissione Affari Costituzionali che, alla Camera, fungeva a quel tempo - per quel ramo del Parlamento - come filtro per definire se i decreti legge avessero o meno quelle caratteristiche di conformità al dettato costituzionale e cioè la necessità e l'urgenza (ma non deve neppure esserci nel testo eterogeneità di materie).

Ricordo l'articolo 77 della Costituzione, che così recita: "Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni. I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti". E' molto interessante andare a vedere la lunga discussione che ci fu sul punto alla Costituente e che cominciò l'11 settembre del 1947 e proseguì per alcune sedute sino al voto finale che avvenne il 17 di ottobre. E' interessante vedere l'evoluzione del confronto: all'inizio nessuno voleva il decreto legge come strumento nelle mani del Governo, facendo la storia che iniziò con un provvedimento del 1849 - quindi prima dell'Unità d'Italia - sullo stato d'assedio di Genova, ratificato dopo gli avvenimenti, passando poi per i molti provvedimenti governativi urgenti confermati dal Parlamento in occasione della Prima Guerra Mondiale sino all'uso del decreto legge in modo massiccio dal fascismo, che poi svuotò del tutto il ruolo delle Camere, come avviene in una dittatura. Alla fine, però, si giunse al testo citato poco prima, il cui uso divenne poi un caso di sbandamento rispetto al dettato della Costituzione. Nel senso che del decreto legge anche nella Storia repubblicana se n'è fatto un abuso e vissi personalmente una parte di quell'epoca, specie quando si stabilizzò la prassi - stroncata poi dalla Corte Costituzionale con la sentenza numero 360 del 1996 - di reiterazione dei decreti, che una volta scaduti venivano riproposti, spesso molte volte. Ma accadeva anche che i decreti legge contenessero materie varie e non specifiche e che nella legge di conversione si mettessero vagoni di questioni che nulla avevano a che fare con il testo originale. Insomma, un abuso. La progressiva "pulitura", anche per merito dei regolamenti parlamentari non ha ridotto i rischi di un cattivo utilizzo dello strumento "eccezionale" e va detto che nella presente Legislatura siamo in più in un contesto di crescente accantonamento del ruolo del Parlamento: si agisce più con annunci che con legislazione e appare confermato l'utilizzo dello strumento della fiducia come modalità illegalmente usuale per forzare i tempi di discussione e non solo di fronte a manovre ostruzionistiche. Per altro va aggiunto che il venir meno della reiterazione del medesimo decreto, prevista dalla Consulta, ha - con la scusa della fine del tempo consentito per la conversione - alimentato su questo strumento governativo la forzatura proprio l'abuso della fiducia, che svuota la discussione parlamentare e diventa un'arma di pressione fortissima dell'Esecutivo. Capisco come questi argomenti possano apparire specialistici e persino noiosi, ma sarebbe bene, invece, farci molta attenzione. La democrazia è fatta di meccanismi che funzionano efficacemente se ognuno svolge il proprio ruolo e basta poco - dall'ignoranza alla malafede, la gamma di possibilità è molto vasta - per perdere con velocità aspetti sostanziali dei procedimenti democratici. Poi - a tornare indietro - il cammino è molto difficile, specie se si viene da anni in cui si è gettato "fango e merda" sulle istituzioni democratiche considerate come occupate dal malaffare e dai "potenti". Un messaggio populista per nulla nuovo, che in genere - nei precedenti storici - non ha portato molta fortuna ai popoli che la subirono. Ancora oggi c'è chi casca in forme di antipolitica e di antiparlamentarismo con ingenuo entusiasmo.