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10 set 2018

Cugini e affini

di Luciano Caveri

Nella mia storia familiare appaiono, specie nell'infanzia per me e anche per mio fratello Alberto, i cugini primi con una netta preponderanza maschile. Ne avevo - ramo Caveri - due molto più grandi, Augusta e Renato (figli di zio Severino), Paolo (figlio di zio Mario), Robert (figlio di zia Marie), Marcel (figlio di zio Emile): tutti purtroppo scomparsi. Poi - lato Timo - i figli di Agostina (Luca e Franco, quest'ultimo morto poco tempo fa) ed il figlio di Floriana (Giuseppe detto "Giusi"). Ognuno di loro mi ha lasciato o mi dà ancora qualcosa (anche se il tempo e le circostanze della vita ci hanno allontanati), a seconda dei loro penchant e delle loro storie, sapendo che alla fine avevamo qualcosa in comune, tipo l'"air de famille" che è qualcosa di vago ma esistente o anche aspetti fisici (tipo capelli, voce, postura) oppure semplicemente quel gergo frutto della complicità che ci univa, specie con quelli di lato materno con cui si sono fatte vacanze assieme, creando una vera e propria banda.

Augusta, unica donna, aveva un'aria gentile e pacata ed aveva preso di certo quell'acume del papà politico, anche se aveva scelto di vivere in una dimensione familiare e non pubblica. Anche in Renato, che un po' di politica l'aveva fatta ma aveva aspirazioni imprenditoriali, si riconosceva quel tratto ironico e ficcante del papà Severino. Paolo, avvocato come molti avi familiari, somigliava moltissimo al suo papà: anche lui dotato di una grande sottigliezza di ragionamento ed un tratto canzonatorio e di curiosità per quel mondo aostano in cui viveva e che in fondo è un piccolo mondo antico. Robert, anche lui avvocato, era un uomo dall'animo buono e gentilissimo, giurista finissimo, ossessionato dalle malattie e sconfitto da una di queste. Marcel, poverino, aveva subito la crudeltà di un forcipe e della conseguente disabilità, cui reagiva grazie all'affetto della famiglia e con una vivacità intellettuale con chi era in confidenza con lui. I cugini materni, quelli più vicini, vedevano il mio quasi coetaneo Luca, personalità brillante ed a tratti sardonico, diventato manager di successo, con cui le affinità erano enormi e Franco, suo fratello più grande, medico di professione, animo dolcissimo ed assieme tormentato. "Giusi", medico anche lui, è sempre stato il cuginone che faceva da apripista a noi imbranati con dalla sua una vita brillante ed un tratto di irresistibile simpatia. Vorrei avere una penna da romanziere per raccontare delle nostre vicende con contorno di parenti e affini, che si sono incrociate e poi allontanate per via degli impegni reciproci, perché si tratta di un campionario di gioie e dolori che ha pochi eguali in scenari vissuti con intensità. E' questo cerchio così ravvicinato che ti fa interrogare sulla vita e sui veri valori che la sottendono. Spesso, quando si cresce, si danno molte cose per scontate, ma poi con il tempo ci si avvicina al nucleo fondante della propria personalità e si ride anche di quel detto «parenti serpenti» che ha spesso un pizzico di verità, come il feroce «gli amici si scelgono, i parenti no» che è invece un evidente paradosso. Che poi, a ben ragionare è una storia bislacca, se pensate che, qualche anno fa, i ricercatori delle Università di San Diego e Yale, in uno studio avevano esaminato i dati sul "dna" di 1932 persone sino ad arrivare a 1,5 milioni di marcatori di variazioni del gene, scorgendo che le coppie di amici avevano lo stesso livello di relazione genetica, esattamente come i cugini di quarto grado, che, tradotto in percentuali, corrisponde all'uno per cento del genoma umano. Si tratta di una questione di "affinità elettive", insomma, di somiglianza sia di pensiero e sia di comportamento che porta a scegliere più o meno razionalmente gli affetti della vita anche in base al corredo genetico, spinti da un'attrazione automatica e poco prevedibile. «Anche se l'uno per cento potrebbe non sembrare granché, per i genetisti si tratta di un numero significativo. La maggior parte delle persone non sanno nemmeno chi sono i loro cugini di quarto grado» hanno spiegato gli esperti che, con i risultati esposti pare proprio abbiano dato un fondamento scientifico al detto popolare del «chi si somiglia si piglia». Ma l'aspetto curioso sta proprio nella sorta di cuginanza che ci stringe agli amici più veri, a dimostrazione che anche il cugino è parte di noi certo quando è vicino e lo è anche se remoto con la segnalata attrazione fatale, geneticamente giustificata, nel diventare amico. Vale a rafforzamento della prossimità dei rapporti quella famosa teoria dei "sei gradi di separazione" formulata senza dimostrazione nel 1929 dallo scrittore ungherese Frigyes Karinthy all'interno di un suo racconto. In questa prima apparizione questa idea di un collegamento stretto fra esseri umani non venne trattato in maniera scientifica, ma fu un'intuizione. Nel racconto di Karinthy ("Catene") si rifletteva sull'evoluzione dell'informazione che rende sempre più piccolo il mondo. Secondo la teoria scientifica dei "sei gradi di separazione" ogni individuo sarebbe collegato ad un altro individuo in una catena di conoscenze non superiori a cinque individui. Studi successivi, che hanno sistematizzato con metodo scientifico la teoria applicandola in ultimo anche alcuni "social" via Web, hanno abbassato ancora la distanza almeno a quattro, se non meno, dei "gradi di separazione". A dimostrazione di quanto il mondo sia piccolo credo valga anche l'esperienza di ciascuno di noi. Quando si conosce qualcuno capita che, scavando scavando, si può vedere spesso di come, in una rete davvero corta, sia facile scoprire collegamenti impensabili che ci fanno capire la nostra prossimità - cheek to cheek - con il resto dell'umanità cui apparteniamo.