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20 lug 2018

Il volo

di Luciano Caveri

Sono stato un "addicted", malgré moi, dei voli aerei, che fosse da e per Roma o da e per Bruxelles, compreso - in quel mio periodo "internazionale" - certi tour in giro per l'Europa per incontri vari. Non ho mai avuto paura dell'aereo: ci sono salito per la prima volta che avevo sei anni. Era l'aereo da turismo del deputato Corrado Gex, amico di famiglia, morto poi nella caduta del suo "Pilatus Porter" solo due anni dopo. A dire il vero quel giorno ebbi paura e ricordo il sorriso del pilota quando l'aereo sobbalzava coi vuoti d'aria, volteggiando nei pressi dell'Emilius. Poi, da grandicello, cominciai a prendere l'aereo per viaggi. Una delle prime volte, al ritorno dalla Turchia, assistetti attonito al lento svuotamento dei serbatoi dal finestrino posto proprio sull'ala in vista di un atterraggio di emergenza, che poi si scoprì essere stata una scusa per arrestare un presunto terrorista, portato via dalle forze speciali salite a bordo sulla pista. Per il resto tranquilla routine in condizioni meno agevoli di oggi, visto che gli aerei erano più rumorosi e con meno confort.

Poi, in politica, divenne strumento di spostamento in pendolarismi continui, macinando così tanti chilometri che alla fine era diventato come prendere il bus, spesso con corse verso lo scalo per poter rientrare prima a casa in una vita di andirivieni. Una volta, per uno sciopero del personale di volo per rientrare per Natale dopo un voto sulla Finanziaria, tornai a Caselle, con gli altri colleghi, su di un velivolo militare da trasporto, in una carlinga spartana con pressurizzazione artigianale. Ho mancato per un pelo l'esperienza del "Concorde": dovevano andare, via New York, in Ecuador e - per una serie di casualità - dovetti cambiare volo. Poi - poco tempo dopo - ci fu la tragedia a Parigi e così persi l'occasione di usare l'aereo supersonico. Mentre ritengo di essere stato fortunato ad usare i diversi voli sul nostro aeroporto dedicato non a caso a Corrado Gex: da un piccolo jet ad un turboelica più grande sino al "Dornier", che era un bellissimo aereo comodo e veloce. Decollo e atterraggio (spesso con turbolenza da brivido) erano uno spettacolo con la corona delle montagne. Ricordo quando si passava dalla Val Clavalité con le ali a sfiorare le cime e ti sentivi in un'avventura. Stessa storia con gli idrovolanti alle Maldive con piloti australiani che pilotavano a piedi nudi con acrobazie per evitare i cumulonembi e atterraggi con il fiato sospeso nel blu del mare tropicale. Sono salito su altri mezzi aerei, come l'aliante che impressiona per il cigolio quando prende le termiche che lo propulsano verso l'alto e anche la placida mongolfiera che sale con il rumore delle fiammate che la gonfiano, mentre nulla è così affascinante come l'elicottero in grado di librarsi con maneggevolezza e rapidità. Mi è capitato di volare molto spesso in mezzo alle nostre vallate in circostanze poco liete, come la tragedia dell'alluvione del Duemila con una Valle ferita dalla Natura, oppure in circostanze liete come ad esempio da cronista, quando salivo da Franco Garda al "Rifugio Monzino" sul Bianco con il rustico "Lama" per i servizi televisivi sugli allenamenti del "Soccorso alpino" e le discese avvenivano a raso terra lungo il ghiacciaio della Brenva con un vero solluchero. Ricordo in certi casi qualche brivido: una volta a La Thuile - per l'eliski - l'elicottero finì in una nube e il pilota attese in "hovering", cioè sospeso sul posto, che tornasse la visibilità; un'altra, scendendo dal Monte Rosa per un reportage "Rai", l'elicottero scese nel vallone di Machaby sopra Arnad ed avvertii il pilota astigiano - che non conosceva il territorio - che in quella zona c'erano un sacco di palorci e dunque bisognava aguzzare la vista. E proprio un filo fu letale a Cogne per un elicottero che cadde, tanti anni fa, proprio perché restò impigliato con un pattino al decollo: era impegnato in un soccorso di una fondista infortunata, dopo che l'avevo adoperato per fare le riprese della partenza della "Marcia Gran Paradiso" di fondo per una copertina della "Domenica Sportiva". Ricordo, mentre andavo a piedi verso l'auto per scendere ad Aosta, l'urlo dello speaker della gara Cesarino Cerise: «E' caduto l'elicottero della "Rai"!». Ma io, per fortuna, ero sceso da pochi minuti. Oggi volo per spostamenti a carattere turistico. Il segno dei tempi, oltre a velivoli sempre più performanti in attesa del teletrasporto che prima o poi verrà, è rappresentato dall'era dei "low cost", che consentono un uso più diffuso e popolare degli aerei e, purtroppo, da controlli di sicurezza alle partenze sempre più pignoli in un mondo fatto di troppe paure. Per non dire degli aerei ormai così grandi da inghiottire numero enormi di passeggeri e soprattutto di loro bagagli con attese enormi quando li si spediscono.