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29 giu 2018

Centri estivi e pensieri sui nostri piccoli

di Luciano Caveri

Tocca sempre stare un po' attenti su come certe evoluzioni si manifestino e cambino le cose e anche i nostri sguardi e le nostre considerazioni. L'unico antidoto contro il conservatorismo è prendere atto che i cambiamenti ci sono e bisogna capirli per evitare di finire ammuffiti in qualche angolo. Odio il passatismo che vive ancorato alle proprie convinzioni e lotta, talvolta con logiche senza senso, guardando al passato glorioso o a situazioni modificate in modo così netto da rendere ridicolo chi non si sforzi di capire dove viva oggi. Sono molto incuriosito - e cercherò di dimostrare quanto non sia una cosa piccola piccola - dal pullulare di centri estivi per bambini e ragazzi letteralmente esplosi in quantità e tipologie: c'è davvero di tutto e ogni genitore deve districarsi in una selva difficile di offerte, tenendo beninteso sempre conto dei costi e dunque di quanto si deve sborsare.

L'entità del fenomeno si accompagna a novità vere e proprie, che sono uscite da vecchie logiche, compreso un approccio solidaristico e di volontariato, per fare di quest'attività nella stragrande maggioranza dei casi un'autentica scelta imprenditoriale. In passato esistevano dei punti fermi: le lunghissime vacanze estive, specie quando la scuola riprendeva addirittura il 1° ottobre, prevedevano alcune schematiche possibilità. I più fortunati e abbienti godevano di periodi di villeggiatura con la famiglia, c'era chi finiva nelle colonie aziendali o pubbliche oppure esisteva anche nella famiglia vasta di un tempo una rete solidale di parenti che facevano rete per la custodia dei figli. Io, grazie a soggiorni estivi lunghissimi ad Imperia da dove veniva mia mamma, appartengo alla privilegiata prima categoria. Ma conosco tanti che finivano nelle colonie "Cogne", "Olivetti" o nelle strutture del Comune di Aosta o persino della Regione con esperienza di vita varie: chi si trovava bene e si divertiva e chi piangeva per quindici giorni di seguito pensando alla mamma lontana. Proprio in spiaggia, accanto al Bagno "Spiaggia d'Oro" dove andavo, c'era una piccola colonia, se ricordo bene gestita dalla suore, che tenevano a bada una masnada di ragazzini con disciplina militare e fischietti per dare ordini e impartire ammonizioni. Ho visitato poi nel tempo - io ero già adulto - tante di quelle colonie degli ordini religiosi che punteggiavano la Valle d'Aosta, molte delle quali sono state chiuse, così come hanno chiuso strutture di Comuni di fuori Valle che avevano qui strutture, penso a quella di Genova ad Ayas o quella di Alessandria a La Salle. Sulla rete parentale che cosa dire: le famiglie non hanno più l'estensione di una volta, colpa della crisi demografica e delle diverse strutturazioni parentali, per non dire del fenomeno importante di separazioni e divorzi che creano complicate geometrie di famiglie allargate. Morale della favola: ci sono meno bambini, ma forse più accuditi da noi genitori più apprensivi e meno disponibili a certi aspetti del passato, come i famosi cortili con bande e giochi o quel peregrinare in giro in bicicletta che oggi sembra una libertà impossibile da sopportare. Eppure parlando con chi si occupa dei centri estivi, che sia sulle rive della Dora, nei boschi o nei prati, nelle biblioteche o negli oratori e in molte altre varianti quel che emerge è la straordinaria opportunità - non solo lucrativa - di vivere a contatto con i giovani e giovanissimi. E' un'esperienza che riempie di energia, perché poter stare vicino a chi sta crescendo crea momenti pieni di emozione. Loro, questi bambini e ragazzi, sono il futuro e non bisogna lesinare attenzioni e disponibilità per farli crescere bene, investendo su di loro. Confesso, forse apparentemente esulando dal tema, quanto questo sia importante per una società valdostana che invecchia e che si riduce anche di numero. Ogni generazione che intraprende il cammino della vita va messa in condizione - ed è la responsabilità di chi è adulto - di crescere bene, rispettando le loro personalità; dando le giuste opportunità e sgombrando il campo dalle legittime ansie di noi adulti in un mondo che spesso è turbolento da sotto casa fino all'intero pianeta, pur naturalmente con tassi diversi di gravità e pericolo. Non è tollerabile lasciare qualcuno lungo la strada e mi riferisco, solo con un esempio, all'abbandono scolastico che è un flagello in Valle d'Aosta, così come - altro elemento di riflessione - sarebbe criminale non occuparsi delle vecchie e nuove dipendenze che posso spegnere intelligenze e speranze. Investire sui giovani è un dovere e non sempre ciò avviene con l'impegno necessario, così come talvolta non siamo abbastanza all'ascolto di quella minoranza che sono ormai nella nostra società i più giovani rispetto a noi che abbiamo i capelli grigi. L'acuto Marcello Marchesi, battutista senza eguali, ha scritto: «Bisogna resistere alla tentazione di comprendere i giovani. Non vogliono essere capiti. Li umilia. Fingiamo di non capirli. L'unico modo per farsi sopportare da loro».