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03 giu 2018

La Germania e le Alpi

di Luciano Caveri

E' saggio tornare a discutere, perché questo è necessario già in periodi ordinari e dunque figurarsi in momenti straordinari come quelli attuali per la Valle d'Aosta, in cui sembrano perdersi tradizionali punti di riferimento. Lo stesso invocare il cambiamento sembra, da parte di qualcuno, più esorcizzare l'eventualità che ciò avvenga piuttosto che darsi da fare realmente lungo questa strada. Il mio amico occitano, Mariano Allocco, scrive alcune cose sulla questione europea o, se preferite, "europeista", che è stata per altro al centro della scena in fase di formazione - poi andata in malora - del Governo Conte per via della spinta antieuropeista, che è uno dei combustibili del "contratto" (sic!) fra Lega e "Cinque Stelle".

Ecco il testo: «"L'Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta assieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto". Robert Schuman, 9 maggio 1950, aveva ragione! Dopo 68 anni questa solidarietà ancora deve crearsi mentre, in trasparenza oltre ai colori delle cartine geografiche, antichi "limes" ricompaiono, confini interni antichi che affermano fratture millenarie. Le divergenze di vedute tra l'Europa mediterranea e quella di influenza germanica hanno radici antiche. Era il 9 d.c. quando nella foresta di Teutoburgo una coalizione di tribù germaniche massacrò tre legioni romane, dopo quella disfatta Roma rinunciò a ogni tentativo di conquista della Germania. Il "limes" Reno - Danubio rimase il confine Nord dell'Impero che aveva nel Mediterraneo il suo baricentro e così rimase fino al dilagare dell'Islam nel VII secolo. Allora cominciò a prendere forma un'Europa continentale, Carlo Magno spostò definitivamente l'organizzazione dell'occidente verso il Nord e il Mediterraneo da "mare nostrum" divenne frontiera. L'Europa Carolingia si riaffacciò al mare, ma quel mare era l'Atlantico e le Repubbliche Marinare italiane, che avevano mire commerciali più che politiche, non ridiscussero mai questa impostazione. Il confronto tra la Germania e il resto dell'Europa mediterranea ha radici antiche e anche se il nazionalismo tedesco ha subito una positiva mutazione genetica, attinge a quel passato. I paesi mediterranei, con il loro diverso approccio alla felicità e al piacere di vivere, paiono a loro inadatti alle sfide del mercato globale e il compito storico tedesco è la loro rieducazione all'ordine. Ambiente, società e bilanci ordinati, rigore protestante e pragmatismo teutonico all'opera, i tedeschi non vogliono più essere padroni dell'Europa, ora si propongono come maestri. Nel secolo scorso questa contrapposizione ha portato a tragedie immani, ora la ricerca di potenza della Germania non si basa più sulla gestione della violenza, non invade altri stati, ora vuole indirizzare la loro economia su strade da essa tracciate per ricondurli al loro concetto di organizzazione e di ordine. Questa, che piaccia o meno, è comunque la migliore Germania che ci sia mai stata, democratica, antinucleare, laboriosa, risparmiatrice, pacifista, ma pur sempre alla ricerca di primazia, una ricerca che limita e ridiscute il concetto di sovranità nel contesto europeo, cosa di non poco conto. Che quella tedesca sia predisposizione genetica? I limiti della Sovranità Nazionale in Europa è questione ormai aperta, è la Politica, intesa come l'arte di rendere possibili le cose necessarie, che deve dare le risposte». Mi sia consentito di dire quanto queste riflessioni siano utili e dimostrano una cosa che di sicuro sta a cuore a Mariano quanto a me, e riguarda il ruolo storico delle Alpi, nei millenni passati e ancora oggi. Nel senso che le minoranze linguistiche e nazionali, frutto della porosità delle montagne benché i confini siano stati rozzamente tagliati sugli Stati che hanno usato gli spartiacque come rozze frontiere, sono sulle Alpi altrettanto ponti e questo avviene anche sulle Alpi Orientali, proiettate verso il mondo germanico estensibile in quel crogiolo di lingue e di popoli che è la complessa e poliforme cultura mitteleuropea, che ha anch'essa - pensiamo al ruolo di Trieste - una vocazione mediterranea ma con le Alpi dietro la schiena. Per non dire del Tirolo del Sud, che è il cemento di quell'Euregione che apre a nuove geometrie politiche europee. E così sulle Alpi Occidentali dovrebbe essere per l'Euroregione "AlpMed" non a caso rallentata dagli Stati e da autorità regionali che talvolta si chiudono in logiche provinciali, senza capire che l'integrazione europea ce l'abbiamo sotto i piedi e nelle nostre culture comuni per secoli e secoli ed oggi congiuntamente europee Le Alpi come cerniera anche attraverso la strategia per l'Euroregione Alpina, a condizione che la questione centrale siano le montagne e i montanari e non lo strapotere delle città subalpine dei diversi versanti. Questo vale dunque per i rapporti con gli svizzeri tedeschi, il Liechtenstein, l'Austria e pure la Baviera: un mondo germanico con cui confrontarsi.