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30 mag 2018

Perché mai disprezzare il patois?

di Luciano Caveri

Leggo con curiosità che un nuovo consigliere comunale di Aosta, esponente di "Casapound", se la piglia con «chi fa i comizi in patois» in Valle d'Aosta. Par di capire che consideri con stizza questo nostro patois e, facendolo, dimostra forse non solo di non conoscere la profondità storica e la ricchezza linguistica di questo idioma dei valdostani, ma anche l'insieme di norme giuridiche che oggi tutelano il francoprovenzale, che lo distinguono con nettezza dai dialetti "italiani", che non c'entrano. Tutto deriva - lo segnalo alla sua eventuale distrazione - addirittura dalla Costituzione Repubblicana, che nei suoi primi articoli disegna la struttura essenziale dei Principi fondamentali, che dovrebbero essere ben noti a chiunque si occupi di politica. Mi riferisco all'articolo 6: "La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche".

Spieghiamoci meglio, rispetto al caso valdostano. Con lo Statuto d'autonomia, sin dal 1948, esiste il riconoscimento e la tutela della lingua francese con rango costituzionale, dal 1993 questo vale anche per il particolarismo linguistico della comunità walser. Solo con la legge numero 482 del 15 dicembre 1999, "Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche", di cui ho l'onore di essere uno dei padri, si affrontò l'applicazione di questa norma della Costituzione e con essa - per quel che ci riguarda - la questione del francoprovenzale, di cui lo Statuto Speciale appunto non si occupava. Infatti l'articolo cardine della legge recita: "In attuazione dell'articolo 6 della Costituzione e in armonia con i principi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali, la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo". Facciamo un passo indietro: la questione "minoranze linguistiche" venne trattata Il 1° luglio 1947 nella plenaria della Costituente da Tristano "Pippo" Codignola, nato ad Assisi nel 1913, partigiano ed eletto deputato alla Costituente nelle liste del "Partito d'Azione". In sostanza il parlamentare aveva segnalato i due pesi e due misure, cioè la tutela ottenuta dai sudtirolesi per il tedesco e dai valdostani per il francese (e solo in parte dagli sloveni con gli accordi transitori prima della nascita del Friuli-Venezia Giulia e della legge specifica che li garantisce), mentre altre zone alloglotte e altre lingue risultavano scoperte Codignola così si espresse, segnalando ad esempio la situazione dei valdesi, gli stessi - lo ricordò in Assemblea - che con i valdostani scrissero la "Carta di Chivasso": «(…) la situazione cioè dell'Alto Pinerolese, di quella zona comunemente denominata delle Valli Valdesi, ma che è in realtà assai più vasta delle Valli Valdesi. Questo problema è stato discusso in sede di lavori preparatori, e si riconobbe allora che fra le Regioni mistilingue vi erano, oltre la Valle d'Aosta, oltre il settore Trentino-Alto Adige, oltre il settore del confine Giulio, anche le Valli Valdesi. Indubbiamente la posizione di queste valli è sotto molti aspetti diversa da quella della Val d'Aosta, ma da parte degli abitanti di queste valli non si è mai chiesto uno Statuto autonomistico di tipo speciale, si era chiesto soltanto, a suo tempo, il riconoscimento della condizione particolare di "zona mistilingue". Voi sapete che questo territorio, che comprende diciassette Comuni e che è costituito dalle vallate della Luserna, del Pellice, della Germanasca e del Chisone, ha una tradizione storica e culturale sua propria. Codeste valli hanno delle esigenze particolari, sia per quanto riguarda la difesa linguistica, sia per quanto riguarda la stampa e la scuola. Esse hanno inoltre esigenze particolari, per quanto riguarda i rapporti di emigrazione con la Francia e particolarmente col vicino Delfinato, e problemi d'istituzione e d'incoraggiamento di enti locali, educativi e assistenziali. Si tratta di una serie di problemi che vanno seriamente presi in considerazione. Indubbiamente, per le stesse ragioni per cui ho criticato poco fa le Autonomie speciali concesse, per così dire, con una certa frettolosità ad alcune Regioni, io non posso ora chiedere coerentemente che si conceda una Autonomia speciale anche alle Valli Valdesi, sebbene, dato che si è ormai seguita questa strada, che io ritengo dannosa e pericolosa per l'ordinamento dello Stato, si potrebbe richiedere il medesimo trattamento anche per queste Valli. Io penso tuttavia che queste difficoltà, di carattere per così dire procedurale, si possano superare votando ora questo articolo 108 bis, che mira a garantire le minoranze etniche e linguistiche. Questo articolo costituirebbe di fatti una garanzia di protezione per tutte queste popolazioni delle Valli Valdesi, e inoltre potrebbe costituire una garanzia anche per altre popolazioni, di minore importanza, disperse sul territorio dello Stato, ma che potrebbero reclamare domani delle garanzie soprattutto di carattere linguistico. Vi ricordo che gli abitanti delle Valli Valdesi hanno fatto il loro dovere di cittadini italiani resistendo fino alla fine all'oppressione. Vi ricordo che ancora in periodo clandestino, il 19 dicembre 1943, ebbe luogo un incontro a Chivasso tra i rappresentanti delle popolazioni alpine, e precisamente tra i rappresentanti della Val d'Aosta e quelli delle Valli Valdesi. In tale incontro, queste popolazioni riconobbero insieme di avere le medesime esigenze di carattere autonomistico, ed insieme esse furono protagoniste, tra le prime, della Resistenza». Alla fine emerse l'articolo 6 della Costituzione, così come scritto, che ha consentito nel 1999 di tornare anche sul francoprovenzale e sulla sua tutela, a vantaggio dei valdostani e delle vallate piemontesi dove si parla questa lingua, che è per altro - come ben si sa - ancora viva in diverse zone attorno al Monte Bianco su di un vasto territorio che si trova a cavallo dell'arco alpino nord occidentale fra Francia, Svizzera e Italia. Una ricchezza e non certo - chissà poi perché... - qualcosa da disprezzare.