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22 mag 2018

Le incognite delle elezioni valdostane

di Luciano Caveri

Si sta quasi completando il conto alla rovescia per le elezioni regionali per l'elezione del Consiglio della quindicesima Legislatura, a quasi settant'anni dal primo voto democratico di questo organo, che risale all'8 dicembre del 1949. Per chi ha vissuto molte elezioni da protagonista viverle da dietro le quinte ha un duplice sapore. Il primo è che si è più zen: quando ci si mette in gioco di persona prevalgono stati di attesa e di ansia che ingenerano nervosismo e creano negli ultimi giorni - specie quando le candidature di lista sono plurime - certe scintille che non sono patologiche ma umanamente connesse alla competizione quando si mischia il gioco di squadra con il risultato individuale. La seconda, meno personale, è che si guarda al quadro con la freddezza necessaria senza mischiare la realtà con le proprie aspettative e questo è un bene sia per i risultati personali - mamma mia quanti delusi ci saranno il 21 maggio sera! - sia per i risultati delle liste (sento proclami roboanti di chi forse stenta con l'aritmetica e pure con il buonsenso).

Per cui mi trovo a mio agio anche con la domanda topica che arriva spesso: «Cosa prevedi?». In assenza, per fortuna, di sondaggi conosciuti sulla elezioni regionali in Valle (tempo fa giravano tabelline credo scritte da un bambino delle materne), non resterebbe che rifarsi nell'attesa alle predizioni di chiromanti et similia. Personalmente non credo a queste cose, con buona pace dei molti superstiziosi anche impensabili che ci sono nella politica valdostana che giocano con maghi e sensitivi, per cui non resta che divertirsi con gli amici che sostengono di avere il "nasometro". Se anche questo funzionasse con la mia canappia avrei un futuro assicurato... Ciò detto non mi sbilancio e osservo solo, in modo banale, alcune cose. La prima: esistono sempre di più anche sulle Regionali, in assenza di qualunque forma seria di dibattito fra liste concorrenti, le spinte crescenti provenienti dalla politica nazionale, essendo la Valle sempre meno chiusa a queste influenze. Ciò spiega perché spuntano partiti che non c'entrano un tubo e non abbiano neanche il problema di darsi una pittata di "valdostanità", anche se ci provano con risultati esilaranti: la Lega sovranista e spostata in area di estrema destra in cui si presentano autonomisti-indipendentisti, mentre i "Cinque Stelle" locali che volevano puntare sull'Onestà, eterodiretti da fuori, scelgono il tema per loro ostico dell'Autonomia. La seconda: l'astensionismo (comprendendo schede nulle e bianche) è un problema serio. Basti pensare - dato Camera - che nelle Politiche del 2013 la cifra era stata del 29,17 per cento salita al 35,47 per cento due mesi fa. Se tanto mi darà tanto c'è da chiedersi cosa ne sarà il 20 maggio del vecchio dato delle regionali fissato nel 30,83 per cento. Chi mai riuscisse a far smuovere questo popolo di delusi e sfiduciati vincerebbe una bella sfida, ma anche in questo caso contano i dati veri e non le supposizioni che portano a pensare che il numero di chi abbandona il suffragio universale o non esprime un voto vero e proprio crescerà. La terza: come inciderà quella fogna ben visibile dall'intrico di inchieste giudiziarie a diverso stadio di maturazione. I valdostani faranno finta di niente? E' segnale significativo che persone interessate e liste di appartenenza facciano spallucce di fronte a sentenze, processi, indagini chiuse o aperte, intercettazioni che stroncherebbero la carriera di politici in democrazie "normali"? Chi vivrà vedrà, con l'impressione che nessuno abbia il coraggio neppure di una dose infinitesimale di autocritica, anzi c'è chi si spinge sul terreno scivoloso del complottismo e del fumus persecutionis, pure di fronte a fatti preclari. La quarta: incide non male su di un clima di molti silenzi da parte degli elettori la situazione kafkiana dell'ultima Legislatura, durante la quale alcune forze politiche (direi che spiccano Union Valdôtaine ed Union Valdôtaine Progressiste) da nemici giurati sono diventi alleati, per poi lasciarsi per nulla ed infine tornare assieme in un tourbillon degno di una telenovela brasiliana con quello che dubito i cittadini ritengano sia stato un lieto fine. Vale infatti l'avvertenza che ciò è avvenuto - vi foste distratti ciò sarebbe stato fatto, secondo i protagonisti, "per il bene della Valle d'Aosta" - in spregio a quanto gli elettori avevano indicato con il loro voto, ma sia sa che al cuor (o forse ad altro, visti certe storie poco edificanti) non si comanda. Insomma: aspettiamo e guardiamo più avanti che indietro, nel celebre discorso del 1963 di Francoforte - dalla forte passione civile - disse John Fitzgerald Kennedy, allora Presidente degli Stati Uniti: «Il cambiamento è la legge della vita. E quelli che guardano solo al passato o al presente di certo si perderanno il futuro».