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24 feb 2018

Il destino gramo dei comizi

di Luciano Caveri

Quando ero un giovane politico rampante (per chi è nato nell'Union Valdôtaine il rampantismo - vedi leone del simbolo - non è un difetto), avevo capito che il comizio tradizionale, sopravvissuto nella sua versione capillare nella sola Valle d'Aosta, aveva i giorni contati. Il mio ragionamento era semplice: se il comizio serve, nel senso di "riunione pubblica", a convincere i cittadini a votare in un certo modo allora non ci siamo per la semplice impressione, confermata poi dalle diverse campagne elettorali, che ormai a fare presenza sono solo votanti già fidelizzati. Gli elettori senza bandiera non ci vanno e dunque le maratone sera dopo sera dei candidati servono - che pure è utile - a scaldare i militanti e non ad acchiappare il consenso di persone indecise.

Alla fine anche questo rito antico, legato agli aficionados, ha dunque un suo perché con l'accortezza che l'oratore dev'essere efficace, altrimenti più che mantenere voti certi rischia di perderne per strada. Ma la verità - tornando allo storico - è che, nel frattempo, erano emerse altre strade per andare a cercare quegli elettori che mai sarebbero venuti, per mille ragioni, ad una manifestazione pubblica. Si trattava dell'uso, decisivo in certe mie elezioni, delle grandi potenzialità della televisione e delle radio private con molti spazi autogestiti e soprattutto con la messa in onda di comizi importanti, che all'epoca - parliamo del periodo a cavallo fra fine anni Ottanta ed inizio anni Novanta - avevano di certo un forte impatto. Poi l'avvento di Silvio Berlusconi, con quella par condicio che ormai è una ridicola mordacchia, ha cambiato tutto. Negli anni passati si è cominciato a mandare in streaming sui "social" certi comizi: ma il mezzo resta élitario ed il costo di dirette di questo genere non vale la candela. Interessanti erano anche spedizioni postali ad personam, cioè con l'indirizzo ed il nome di chi doveva essere raggiunto dal programma (il prezioso elenco dei "capifamiglia"), ma poi i costi postali sono divenuti impossibili - oltretutto legati a tetti di spesa che non sono da prendere alla leggera per il rischio di ineleggibilità se si infrangono - e gli invii "circolari" proposti dalle "Poste" hanno un effetto dépliant del supermercato con il rischio che tutto finisca nella pattumiera. Oltretutto - mi permetto di osservare - la scarsa propensione alla lettura ormai imperante obbliga a ragionar per slogan e testi brevissimi ed anche in questo caso non ci si improvvisa. Lo stesso vale per l'uso di piccoli filmati sul Web: o si ha padronanza del video o si assomiglia a pinguini inefficaci con effetto boomerang. E i "social" sono una strana bestia: rischiano di fare più danni che consenso. Seguo ad esempio su "Twitter" alcune delle candidature attuali in Valle d'Aosta per le Politiche e, al di là del fatto che i follower sono scarsi, occasioni di autogol ci sono e dunque anche in questo caso la cautela è d'obbligo. Su "Facebook" poi ogni affermazione rischia di innescare reazioni che danneggiano e certe vignette in circolazione dimostrano quanto questo strumento sia da presidiare con attenzione e nessuno si inventa il mestiere di occuparsene. Resta irrisolta dunque la questione di come approcciare la popolazione, sapendo - per fare un ultimo esempio - di come i comizi volanti nei paesi o nei mercati siano una scelta da manovrare con cura, perché anche in questo caso bisogna essere capaci a farlo con naturalezza ed essere pronti anche al disturbatore di turno che azzera ogni efficacia in questo tipo di esposizione. Insomma: la crisi della politica con perdita di credibilità di chi la fa e per conseguenza di chi ci entra come debuttante si mischia con un certo sconforto dell'elettorato. Questa è la percezione che prescinde dalla guerra a distanza su chi abbia le sale più affollate, dove - lo ripeto - si incanalano quelli che in Valle vengono chiamati i "suiveurs", dal linguaggio sportivo che indica le macchine che seguono le gare ciclistiche, che si spostano ogni sera di sala in sala per dare sempre la sensazione del pienone, ottima sul piano psicologico per i candidati, ma non sempre corrispondente al reale andamento della campagna elettorale e foriera dunque di illusioni. Per altro in questa fase storica - con la forte influenza delle campagne nazionali - può capitare l'inverso: sale vuote per alcuni, controbilanciate da esiti assai positivi per le influenze esterne che condizionano il voto. La Politica, gioie e dolori...