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15 dic 2017

Consumatori di oggetti

di Luciano Caveri

Che cosa sia un consumatore credo che tutti lo sappiano ("chi consuma, chi acquista e usa un bene a fini personali") per la semplice ragione che ciascuno di noi lo è e di questi giorni particolarmente impegnativo per via dei regali... E questa nostra attività è diventata talmente importante da prevedere dei diritti del consumatore, molti sviluppati nelle normative europee, e far nascere un sacco di associazione che dovrebbero tutelarci. Se ci pensiamo un attimo una buona parte della nostra vita è assorbita da questa nostra identità di consumatore. Compresa quella deriva che conosciamo come consumismo, che può assumere aspetti patologici e già citato Natale invita sempre ad un serio esame di coscienza, la cui immagine plastica è - anime candide - l'eccesso di giocattoli riversati sui nostri bambini, che finiscono per non apprezzare più il gesto del dono, pieno di simbologie e di affetto.

Per capire la profondità della questione basta una frase dell'economista e filosofo Serge Latouche: «Per permettere alla società dei consumi di continuare il suo carosello diabolico sono necessari tre ingredienti: la pubblicità, che crea il desiderio di consumare, il credito, che ne fornisce i mezzi, e l'obsolescenza accelerata e programmata dei prodotti, che ne rinnova la necessità». Ma cambiamo scenario. Ogni tanto, nella casa di famiglia dove sono cresciuto e diventato adulto, trovo qualche traccia della mia vita. Che so una vecchia agenda, un libro dell'infanzia, un regalo che ricevetti, una frase scritta a matita su di un libro. Invecchiando i miei genitori accentuavano un fenomeno comune che già era insito in chi apparteneva alla loro generazione (1923 papà, 1930 mamma): la tendenza ad accumulare le cose e a buttare via davvero lo stretto indispensabile. Retaggio di epoche in cui tutto tornava utile e lo si vedeva anche per il cibo e il suo riuso. Per cui - esemplare in mia madre - le pareti della casa e i soprammobili ovunque sono diventati una sorta di museo, che ha affiancato scelte consapevoli all'atto della costruzione e dell'arredamento della casa una sessantina di anni fa all'accumulazione - per usare scherzosamente un'espressione poetica di Eugenio Montale di "inutili macerie". Per capirci basti pensare a certi mercatini dell'usato (in Francia i "Marchés aux puces" hanno una loro storia), dove eredi scaricano oggetti che sono pezzi ormai slegati da circostanze di vite passate che li avevano scelti in chissà quali circostanze e ora sono lì a reclamare un futuro che non sia - come fanno le generazioni attuali, compresa la mia - la logica finale della discarica. Purtroppo gli oggetti non parlano e mi capita talvolta, prendendoli in mano nei citati mercatini, di chiedermi chi ne fosse stato il legittimo proprietario, quali passaggi abbia in vissuto e infine quali sarà il destino di quella bambola, di quella scatola di latta, di quella natura morta, di quel sacchetto di biglie. Il tempo di vita di un oggetto si è fatto più breve per l'incalzare delle tecnologie. Scherzava ma non troppo Gesualdo Bufalino: «Come invecchiano presto oggi gli oggetti. Una "Balilla" è già come una colonna dorica». Due esempi. Pensiamo ad attrezzi agricoli per la campagna: rastrelli, zappe, secchi zangole che campeggiano in musei etnografici dove i bambini vanno per capire bene cosa fossero o li trovi su "eBay" per collezionisti e ce sono amanti di ogni genere. Sono oggetti millenari travolti in pochi anni in processo di accelerazione che fa trionfare l'uso e getta. Secondo esempio: i vecchi telefonini che spuntano da qualche cassetto e benché recenti sembrano vecchi come il cucco per via dell'incalzante rivoluzione tecnologica che sforna modelli nuovi con funzioni di cui ci pare davvero di non poter fare a meno. Inutile fare moralismi o rimpiangere i tempi che furono: questa è la realtà e bisogna forse sforzarsi, con una buona dose di difficile autocritica con esame di coscienza e senza farne un dramma, abituarci di più a pazientare nella foga di acquisti e lanciare qualche segnale di sobrietà da far raccogliere ai nostri figli. Talvolta, nel mio caso, già più saggi di me in certi consumi.