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12 nov 2017

Dove andrà lo Stato?

di Luciano Caveri

Ci sono temi epocali di cui è difficile parlare. Ho sempre avuto il pallino di riflettere, anche se potrà sembrare banale, su quanto sia difficile, quando si è dentro la Storia, capire dove si vada a finire. Oggi, lette le cronache e le ricostruzioni sui libri a mente fredda e con il necessario distacco, appaiono evidenti certi destini e si gioca spesso sul discorso causa-effetto, come se ci fossero dei meccanismi ben oliati che portino in una certa direzione piuttosto che in un'altra. Mentre, invece, le variabili sono tante e derivanti talvolta da aspetti apparentemente impercettibili. Tanto che è nata, sul modello di "Utopia", la parola "Ucronia" e cioè la ricostruzione immaginaria di un periodo o di un evento sulla base di dati ipotetici o fittizi.

Esempio: se un po' meno di cinquecento anni fa la Valle d'Aosta avesse deciso di diventare protestante e non restare cattolica cosa sarebbe successo? Oppure se si fosse tenuto il Plebiscito nel dopoguerra e la Valle d'Aosta fosse diventata francese cosa ne sarebbe oggi di noi? Certo chi, con capacità di visioni fuori dal comune, sul momento riesce a percepire le direzioni ha davvero quel quid che fa la differenza. Ho scritto più volte, perché ho letto sull'argomento e mi sono fatto le mie opinioni, di come lo Stato come lo conosciamo sia destinato, come ogni creazione umana, a subire continue trasformazioni e lo stesso vale, nel nostro minuscolo, per la nostra Regione autonoma, come inserita nei meccanismi istituzionali e nei nuovi orizzonti, non sempre luminosi, della Democrazia. Leggevo con interessa da su "La Provincia" quanto scritto dal filosofo liberale Carlo Lottieri: «La crisi che sta sconvolgendo la vita pubblica spagnola e che, ormai, ha investito le istituzioni europee ci dice molto del nostro tempo Quanto sta avvenendo a Barcellona potrebbe anticipare mutamenti profondi e non solo perché è entrata in crisi l'unità spagnola: così che guardano con interesse alla Catalogna tutti i movimenti indipendentisti d'Europa. Oltre a ciò, si può dire che sembra avverarsi quella "profezia" che fu formulata, più di un secolo fa, dal giurista Santi Romano, persuaso che lo Stato stesse entrando in un declino irreversibile. Allora egli richiamò l'attenzione sui movimenti sociali (a partire da quello operaio), perché era persuaso che stessero emergendo "solidarietà" molto più forti di quella su cui si basa la statualità. E a distanza di cent'anni da quella analisi la condizione dello Stato appare perfino più difficile. In particolare, a Barcellona è in atto un duro contrasto tra Stato e consenso, tra costituzione e democrazia. Gli unionisti si appellano alla Carta fondamentale redatta quarant'anni fa, magli indipendentisti ritengono che debbano essere i catalani di oggi a definire le loro istituzioni». Osservazioni interessanti, perché è evidente come le cose siano in movimento e le bocce, anche nel caso catalano, siano tutt'altro che ferme. Prosegue Lottieri: «Nella crisi della costituzione spagnola vi è allora la crisi stessa del costituzionalismo. Nate per proteggere le libertà individuali e limitare i poteri sovrani, negli ultimi due secoli le carte fondamentali sono state per lo più utilizzate dalle classi politiche per negare tutta una serie di richieste popolari: a partire, ovviamente, dalla domanda di votare sui confini. Pochi lo sanno, ma anche di recente la Corte costituzionale italiana ha negato validità a una legge regionale veneta che istituiva un referendum consultivo sull'indipendenza. Oltre a ciò, le giovani generazioni guardano al mondo come al loro orizzonte. Quanti sono cresciuti con Internet e fin da giovani hanno potuto visitare le città d'Europa grazie a voli low cost sono del tutto indifferenti dinanzi alla retorica del patriottismo ottocentesco. In questo senso, è chiaro che nel quadro spagnolo sia difficile difendere un assetto derivante tra un matrimonio dinastico del Quattrocento». Osservazioni che preludono alle conclusioni che condivido: «Nella società di Air-bnb, dell'immigrazione di massa e delle monete elettroniche, pochi considerano immutabile quel sistema politico che ancora mantiene un re Borbone alla testa di quasi tutta la penisola iberica. Nessuno sa cosa produrrà il conflitto tra Catalogna e Spagna, tra indipendentisti e unionisti. Certo gli effetti saranno enormi, dato che questa contestazione nei riguardi di Madrid prende di petto lo Stato moderno stesso: la sua pretesa di essere sovrano, fuori discussione, meritevole di rispetto qualsiasi cosa faccia e quali che siano le attese della popolazione. Il "dio mortale", come lo chiamò Thomas Hobbes, sta subendo una contestazione radicale e poco importa che gli stessi leader catalani vogliano costruire istituzioni non così dissimili da quelle spagnole. Si ha la sensazione che negli anni a venire l'Europa cambierà molto e non nella direzione che molti immaginavano: non verso una crescente unificazione guidata dagli Stati attuali. Probabilmente siamo solo all'inizio di trasformazioni davvero significative». Cosa avverrà? Confesso di non essere in grado di avere capacità divinatorie e non nascondo come per un Valle d'Aosta in crisi di idee e con minacciose nubi sul fronte penale che potrebbero toccare ulteriormente un'immagine già degradata bisogna fare il pieno di progettualità e essere pronti a tenere la barca a galla. Sperando che, a fronte dei grandi rivolgimenti, l'Autonomia sia in grado di rinascere sotto diversa forma, magari attraverso quel famoso "Federalismo" come scialuppa di salvataggio per un'Europa in difficoltà e anche per noi.