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23 ott 2017

Il peso politico dei problemi migratori

di Luciano Caveri

Del reale contenuto della normativa sullo "ius soli" (che riguarderebbe in Valle d'Aosta 1.200 fra bambini e ragazzi, che otterrebbero la cittadinanza italiana con i nuovi meccanismi) in realtà in tanti sanno poco e per altro credo che ormai la nuova legge resterà al palo. Personalmente ricordo come nella vicina Svizzera - per la cittadinanza - ci voglia un vero e proprio esame, che può anche variare secondo Comune e Cantone, e non avviene per automatismi che rischiano in Italia di perdere di vista la persona, i suoi diritti e i suoi doveri. Oggi - al compimento del diciottesimo anno di età - chi chiede di diventare cittadino italiano si infila in una procedura complessa e poco trasparente con tempi di risposta che mutano senza ragioni apparenti.

Come capita senza ben conoscere il merito in una logica da tifoserie calcistica, in Italia ci si divide troppo spesso - per partito preso - fra pro e contro, quando semmai il problema è un altro e impedisce serenità di giudizio: come insegnano le recenti elezioni austriache - cioè nella civilissima Austria - uno spostamento a destra, anche molto a destra, non può non legarsi, come già avvenuto in Germania e pure in Francia, in parte alla confusione che continua ad esserci in materia di immigrazione, che allo stato con lo "ius soli" non c'entra ma che si crei da noi un legame con questa questione, che sarà pure una scorretta strumentalizzazione, è palese. Tema che, se gestito in chiave ideologica, rischia di fare dei disastri ed accentuare fenomeni di xenofobia, o almeno di crescente incomprensione, per le dinamiche in un settore in cui ad agitare paure e fantasmi ci si mette cinque minuti, e molti avvenimenti di cronaca nera dimostrano che usare il filone buonista a tutti i costi rende difficile effettuare i necessari distinguo. Da questo punto di vista io continuo a pensare che:

il diritto d'asilo è sancito dalla Costituzione ed il rifugio in questo caso non è solo un loro diritto ma anche un nostro dovere, ma è chiaro che negli interstizi delle procedure burocratiche esistono zone vuote, come la difficoltà di una reale identificazione del migrante (con rischi di infiltrazioni islamiste) e la difficoltà di certificare in certi casi questa situazione di rischio e persecuzione che motiva il fatto che si ottenga lo status di "asilante"; sui migranti "economici", quelli che fuggono dai loro Paesi per ragioni di povertà e persino di fame, la questione è ancora più complessa, perché senza chiarezza sul limite dei flussi e caratteristiche di chi possa goderne, che consentano una reale accoglienza, si potrebbe intendere una logica di confini aperti che non avrebbe alcun senso;
senza cambiare certe norme europee, l'Italia si trova gravata - anche se poi la gran parte dei migranti vogliono andarsene - da costi di accoglienza e carico burocratico, compresi i ricorsi alla Giustizia, che rendono tutto difficile e danno l'impressione di una sorta di "invasione", quando in termini assoluti altri Paesi, come quelli nordici, hanno dato ben più l'asilo di quanto abbia fatto l'Italia, che però si trova senza risposte per i migranti senza asilo; in molti Paesi europei di migranti non vogliono sentir parlare, in barba alle logiche di redistribuzione, in altri le regole di accoglienza - penso alla Svezia - sono ormai legate al reale accertamento della volontà di integrazione, conoscenza della lingua compresa e si procede, quando necessario, all'espulsione dei migranti e vigono accordi per il rimpatrio, meccanismi in Italia non funzionanti, come si vede ad esempio da chi delinque stando qui, dopo numerosi decreti di espulsione disattesi; l'impressione che si ricava dai giovani ospitati - essendo quasi tutti soli senza famiglia - un po' ovunque in Italia è che i migranti in larga parte vivacchino in attesa o dello status di "migranti" o, se bocciato definitivamente, entrino in una specie di limbo, che è acqua al mulino della criminalità organizzata, che spesso - pensiamo ai nigeriani - ha già messo salde radici anche da noi.

Resta poi - e lo tratto a parte - la questione «aiutiamoli a casa loro», valida per i migranti economici e non per i perseguitati a vario titolo, soprattutto politico. Chi lo dice - e io l'ho sempre detto sulla base di una conoscenza dei possibili meccanismi di cooperazione - non viene mai considerato in buona fede, aspetto che personalmente rivendico. Perché se è vero che considero ormai un'illusione cercare meccanismi democratici per certi Paesi del Terzo e Quarto Mondo dove dal punto di vista economico, invece, gli spazi, affinché le persone non siano costrette ad emigrare, ci stanno largamente con tutte le attenzioni del caso, sapendo che già in passato abbiamo registrato grandi fallimenti in certe aree del mondo. Ma immaginare che la logica possa essere il progressivo svuotamento è una pia illusione sia perché si rischia di privare di persone capaci i Paesi di appartenenza (lo vediamo con chi si laurea da noi e resta sempre qui), ma anche perché - pensiamo all'Africa - se non si smonta la macchina della progressione demografica ogni sforzo rischia di essere inutile. Ma la gran parte delle persone vota di pancia anche influenzata da questioni come queste, e non c'è snobismo che tenga rispetto alle accuse di ignoranza per chi è spaventato e segue chi queste paure le alimenta come si farebbe nell'andar dietro ad un pifferaio magico. Solo un atteggiamento serio e responsabile può servire a governare un fenomeno che altrimenti si aggraverà ancora, tirando fuori il peggio nel vuoto delle scelte.