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26 set 2017

La deriva del buonsenso

di Luciano Caveri

Sono per natura un libertario, per cui di fronte alle posizioni più strampalate cerco sempre di pazientare. Magari - boccaccia mia! - mi può scappare qualche battuta, ma in fondo meglio usare il fioretto che la clava. Devo dire però che il troppo stroppia e ormai mi sono letteralmente rotto di chi, facente parte di qualche setta (non è un parolaccia!), diffonde notizie infondate con il tono di chi conosce retroscena di cui è depositario rispetto ad un mondo pieno di complotti e complottisti, che lo facciano per soldi o per brama di potere. Questo penchant antiscientifico ha nel Web il suo vangelo aprocrifo ed il paladino senza paura in chi ci crede, diventando un fondamentalista che ti spiega la vita.

Lasciamo perdere i vaccini, perché non ne posso più e neppure più discuto, per altro non ricevendo neppure denaro dalle terribili multinazionali del farmaco, il cui unico scopo pare sia quello di uccidere i bambini. Non evoco neppure di quando scrissi la legge sulla donazione degli organi e venni accusato da un gruppuscolo di essere una specie di predatore in sala d'attesa delle rianimazioni per espiantare fegati e cuori a servizio di chirurghi avidi di sangue e di soldi. Ma incomincio ad averne abbastanza di chi sostiene il "creazionismo", di chi vede alieni fra di noi, di chi indica le scie chimiche, di chi cavalca scalcagnate medicine alternative, di chi nega il cambiamento climatico, di chi sostiene che la terra è piatta e molte altre cose così. Per cui l'altro giorno incappo in una notizia: una coppia friulana che non vuole far tagliare il cordone ombelicale al proprio neonato e interviene la Procura. E penso «questa è nuova»: poi cerco e capisco. Scrive Lorenzo Proia su quotidianosanità.it: «Negli ultimi mesi sono aumentate le richieste di "Lotus birth" in Italia, alcuni ospedali la consentono, mentre altri stanno valutando la possibilità di inserirla tra le modalità previste per partorire. Il parto "Lotus", chiamato così dal nome dell'infermiera californiana che lo ha richiesto per la prima volta nel 1974 alla nascita di suo figlio, è caratterizzato dalla mancata recisione del cordone ombelicale con la conseguenza che la placenta e gli annessi fetali rimangono attaccati al neonato anche dopo il secondamento (ultima fase del parto in cui viene espulsa la placenta)». Tutto chiaro: scoppia una nuova moda e bisogna seguirla!
 Aggiunge Proia: «Ma la "Società italiana di neonatologia - Sin" esclude la possibilità di effettuare la "Lotus birth" in Italia per diverse ragioni. Innanzitutto mancano oggi evidenze scientifiche che ne dimostrino il reale vantaggio per la mamma e per il neonato ed il pericolo di infezioni che potrebbero mettere a rischio la salute e anche la vita del bambino non è infondato. I vantaggi ipotizzati di un maggiore passaggio di sangue dalla placenta al neonato, infatti, vengono meno dopo pochi minuti, quando il cordone smette di pulsare, mentre elevato può essere il rischio di infezione. Da un punto di vista strettamente normativo, poi, nel nostro Paese le Linee guida ministeriali sul parto non contemplano questa procedura, come tale non riconosciuta a livello nazionale. In caso di conseguenze negative per madre e bambino, si creerebbe un problema di natura giuridica per la struttura ed il medico che decidono di attuarla. Tale posizione è avvalorata anche da un dettagliato parere legale che la Società italiana di neonatologia ha commissionato allo "Studio Granata" di Milano». Dunque non si può fare e la descrizione successiva del giornalista avvalora la tesi: «La "Lotus birth" prevede che la separazione del neonato dalla placenta avvenga naturalmente, generalmente tra i tre ed i dieci giorni, quando il cordone si secca e si distacca spontaneamente dall'ombelico. In questo periodo la placenta, trasportata sempre con il neonato, viene conservata in un sacchetto o in una bacinella e a volte viene cosparsa con sale grosso per favorirne l'essiccamento e con qualche goccia di olio profumato per mascherarne il cattivo odore. I fautori di questa pratica ritengono che con la "Lotus birth" il distacco avviene quando bambino e placenta hanno concluso il loro rapporto e decidono sia giunto il momento della separazione, considerandolo un modo più dolce, sensibile e rispettoso per entrare nella vita». Inutile commentare e chi ci crede ha già la clava pronta. Fra gli esempi di chi vuole imporre il proprio pensiero, facendoti sentire un mentecatto se mangi prodotti animali, ci sono i vegani. Fantastico Matteo Leonardon che su "The Vision", criticando la sottolineatura continua della parola "etica" da parte loro, mette qualche punto fermo. Tipo: «La quinoa è considerata uno degli alimenti più nutrienti in natura ed è utilizzata di frequente nelle diete vegane per l'alta concentrazione di proteine che contiene; viene coltivata nei due Paesi più poveri del Sud America - Perù e Bolivia - e da quando è stata scoperta nelle "diete etiche" ha completamente stravolto l'esistenza degli abitanti di entrambi i Paesi. Dal 2006 al 2011 il prezzo della quinoa è triplicato, fino a raggiungere i tremila euro la tonnellata, ma alcune varietà più pregiate - rossa real e nera - possono superare i quattromila e gli ottomila euro. Per questo motivo in Bolivia, un Paese in cui il 45 per cento della popolazione vive con meno di due dollari al giorno, gli agricoltori hanno cambiato la loro dieta, immutata per oltre cinquemila anni. La quinoa, ormai troppo preziosa per essere consumata localmente, viene quasi interamente venduta o scambiata per "Coca-Cola", dolciumi industriali e altri prodotti della dieta occidentale. La situazione è così grave da aver creato un inedito banditismo locale, che lotta a colpi di rapimenti e di candelotti di dinamite per la conquista di terreni coltivabili a quinoa. La diversità biologica delle coltivazioni è stata inoltre quasi completamente distrutta per essere convertita in una monocoltura di questa pianta. Per gli agricoltori non avrebbe senso fare diversamente». Segue descrizione di ulteriori misfatti, che relativizzano la famosa scelta morale contro noi onnivori. L'autore cita poi un altro alimento alla moda per i vegani, gli anacardi, ricordando da dove arrivano: «Per il quaranta per cento dal Vietnam, Paese che ha deciso di adottare per la loro raccolta una filiera produttiva che ricorda le dittature più tiranniche della storia, tipo la Corea del Nord di Kim Jong Un, la Romania di Ceaușescu o la "Apple" di Steve Jobs. Secondo un dettagliato reportage di "Human rights watch", gli anacardi vietnamiti provengono infatti quasi totalmente dal lavoro forzato nei centri di recupero per tossicodipendenti condannati. Moltissimi detenuti arrivano in questi centri senza essere stati difesi da un avvocato e senza un regolare processo e sono costretti a lavorare otto ore al giorno, sei giorni alla settimana, a un ritmo di estrazione di un anacardo ogni sei secondi. Chi non rispetta questi standard subisce svariate punizioni corporali: viene picchiato con bastoni chiodati, rinchiuso in celle d'isolamento, costretto al digiuno e privato dell'acqua. In molti casi torturato con l'elettroshock. Per questo motivo "Human rights watch" li ha definiti "anacardi insanguinati", come i diamanti africani». Anche in questo caso segue, ben spiegata, come questa scelta etica si scontri con una cruda realtà... Vi è poi un descrittivo delle brutture legate a mandorle, avocado e la famosa soia. Roba da incubo. Questo per dire che ci vorrebbe sempre un pizzico di buonsenso per evitare di essere integralisti o fedeli a credo che diventano professioni di fede (e di etica) od a balle spaziali che cavalcano le peggior superstizioni.