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21 ago 2017

Liguria fra ricordi e realtà

di Luciano Caveri

Ho passato da quando avevo sei mesi per una ventina d'anni tutte le estati in Liguria. Non erano vacanze, era una villeggiatura nei luoghi natali di mia mamma ad Imperia, Riviera di Ponente, non avendo più - parte paterna - legami con Moneglia, dall'altra parte della Liguria, di cui sono originari i Caveri, valdostani ormai da 150 anni... Per questo ho amato tante poesie rievocative di Eugenio Montale, come "Riviere", i cui primi versi sono: «Riviere, / bastano pochi stocchi d'erbaspada / penduli da un ciglione / sul delirio del mare; / o due camelie pallide / nei giardini deserti, / e un eucalipto biondo che si tuffi / tra sfrusci e pazzi voli / nella luce; / ed ecco che in un attimo / invisibili fili a me si asserpano, / farfalla in una ragna / di fremiti d'olivi, di sguardi di di girasoli».

Posso dire di aver vissuto dunque dal di dentro tutto l'Imperiese dal mare sino allo straordinario entroterra montano e visto il turismo in una duplice veste: turista diventato, standoci per almeno tre mesi l'anno per così tanto tempo, qualcosa di più, in quei decenni cruciali degli anni Sessanta e Settanta. Cruciali perché sono stati gli anni del boom economico e dell'affermarsi delle ferie al mare come fenomeno di massa. Ho visto sotto i miei occhi di bambino e di ragazzo le scelte discutibili e certi obbrobri che hanno sfigurato zone uniche della Liguria. Discutibili, ad esempio, per un'Imperia che non volle a tempo debito investire nel turismo, per poi dotarsi molto più tardi di un megaporto turistico, che rientrava in logiche più speculative che di reale accoglienza. Per non dire delle località a maggior vocazione turistica della "Riviera dei Fiori", vittime appunto dell'obbrobrio, perché spesso sfigurate dal cemento dappertutto e da un turismo purtroppo caro nel rapporto fra qualità e prezzo. Basta sfogliare le pagine di "Booking" per chiedersi come sia possibile che oggi un soggiorno in Liguria sia diventato proibitivo e non solo in località di grido. Sullo stravolgimento della costa ricordo di aver letto poche settimane fa sull'edizione di Genova di "La Repubblica" un articolo impressionante scritto da Marco Preve: «Era il 1951, Nilla Pizzi vinceva il primo "Festival di Sanremo" con "Grazie dei fiori" e appena qualche mese dopo, pochi chilometri più in là, sul confine di Ventimiglia la 'ndrangheta dava il via alla sua prima attività illecita in terra ligure. Lo racconta Armando Spataro, oggi capo della procura di Torino dopo un lungo periodo alla "Dda" di Milano. "Ricordo, alla fine degli anni '80 un collaboratore di giustizia - rievoca Spataro - Antonio Zagari, morto poi in un incidente stradale, che con molta precisione riuscì a datare l'anno dell'arrivo della 'ndrangheta al nord che coincideva con il primo "Festival di Sanremo". Quando suo padre fu mandato al soggiorno obbligato nel varesotto, fu raggiunto da famigliari e amici, riproducendo così un tessuto simile a quello che in Calabria gli consentiva di dominare sul territorio. In base al racconto di Zagari, la prima attività criminosa della 'ndrangheta al nord in senso storico, coinvolse proprio la Liguria. La cosca del padre gestiva infatti il traffico di bergamotto dalla Costa Azzurra, che serve per le essenze e profumi e visto che era molto costoso loro lo facevano arrivare di contrabbando dalla Francia". Difficile conciliare l'immagine quasi romantica, in bianco e nero, di contadini calabresi che trasportano sacchi di bergamotto lungo i sentieri dei passeur, con l'attualità di un'organizzazione che in Liguria si radicherà profondamente inquinando la comunità locale con il traffico di droga, la corruzione, i legami con la politica, le estorsioni. Ma forse non è un caso che in Liguria la 'ndrangheta si sia trovata a casa sua. Alcune peculiarità caratteriali comuni ai due popoli, come la scarsa socievolezza e la diffidenza, devono avere aiutato. Il pragmatismo ligure, nei decenni, accantonerà la sua ritrosia per il foresto, che qui è addirittura "terrone", dando vita a comitati d'affari tra imprenditori e politici locali da una parte e gli esponenti più intraprendenti della comunità calabrese». Più avanti roba da brividi: «La 'ndrangheta ha accompagnato e partecipato anche alla corsa al cemento che, specie nelle riviere, ha segnato e continua a segnare il paesaggio della Liguria. La 'ndrangheta, quasi sempre dalle retrovie, è stata protagonista delle colate di calcestruzzo che hanno arricchito pochi palazzinari e impoverito l'intera comunità. Movimento terra, cave, costruzioni, sono stati i business che hanno fatto fiorire le cosche in Liguria. Quelli che hanno permesso anche di sostenere molte candidature e amicizie a livello politico». Chissà che cosa ne avrebbe scritto il ligure, benché nato per caso a Cuba, Italo Calvino... Ammonimento anche per le infiltrazioni in Valle d'Aosta, studiando anche i legami esistenti con famiglie del Ponente ligure - basta vedere i Comuni di origine di certi "clan" - che possono accendere la luce su rischi presenti e futuri.