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01 ago 2017

La politica del cha-cha-cha

di Luciano Caveri

E' sempre difficile trovare nelle cose una chiave di lettura. Forse talvolta ci si prende troppo sul serio. Mentre bisognerebbe relativizzare, perché quando ci si impunta il rischio poi è quello di fermarsi e sostare sui troppi déjà-vu. Chissà se è vero che John Lennon ha detto: «Quando sono andato a scuola, mi hanno chiesto cosa volessi diventare da grande. Ho risposto "felice". Mi dissero che non avevo capito l'esercizio e io risposi che loro non avevano capito la vita». Credo, comunque sia e malgrado le tempeste della vita che rischiano di far affondare questo stato d'animo positivo, che l'atteggiamento sia quello giusto, anche se Lennon - ovviamente - non poteva sapere di quel 8 dicembre 1980 e di quel tizio che lo aspettava sotto casa per ucciderlo. Per cui, fatta questa premessa, apriamo le danze.

Goffo ballerino di "shake" (da dizionario: ballo moderno, senza regole né passi prestabiliti, consistente nel seguire con i movimenti del corpo il ritmo della musica), praticato da ragazzo nelle discoteche, seguo sempre con infinita ammirazione i ballerini veri. Fatta salva una praticaccia per i "lenti" ("ballo della mattonella") che ormai sono scomparsi, l'unica incursione che mi sono permesso nella mia vita è stato qualche passo di "boogie-woogie" (che poi, oggettivamente, non mi sento neppure di distinguere - con orrore degli esperti - dal "rock and roll"), che oggi non accenno neppure per il rischio evidente di un doloroso "colpo della strega". Dopo qualche bicchiere sono anche in grado - e giuro: l'ho fatto! - di esibirmi in qualche "ballo liscio", anche se poi non riesco con esattezza a distinguerne i generi, fermo come sono a un rassicurante "1-2-3". Ammiro moltissimo i ballerini (con preferenza per le ballerine...) di livello, che trovo espressione poetica del corpo e della sua fusione con il ritmo musicale. Seguendo l'evolversi caotico del confronto politico, che dal locale al planetario (dal sindaco a Donald Trump), sembra assumere forme di crescente caos, in cui si sono smarriti certi punti di riferimento e, specie nelle forme di democrazia, si stenta a capire la direzione che si sta prendendo, mi domando ogni tanto - escludendo a priori la danza classica per una forma di rispetto - quale forma di ballo si adegui a questa ricerca compulsiva di nuovi equilibri. Certi andare e venire, perdersi e ritrovarsi ricordano davvero da vicino alcune note danze latino-americane come il "cha cha cha", la "rumba" o la "samba". Esiste una spensieratezza con cui ci si muove sulla scacchiere politico e questo ricorda una pista da ballo degna di essere sotto il Pan di Zucchero. Ma davvero, quando questo movimento alterno riguarda certi leader, bisogna rifarsi al "tango" (o il grande Paolo Conte indicherebbe una "milonga") con quel prendere, lasciarsi, strusciarsi, guardarsi che mima in fondo l'alternanza di sentimenti nel breve volgere di un brano musicale, che potrebbe essere in fondo una Legislatura. Più difficile capire dove vanno certi populismi, che seguono con certa rozzezza gli umori che ci sono in giro. Verrebbe da dire che alcuni si esibiscono nella "break-dance" o lungo il filone analogo dell'"hip hop", spesso con improvvisazioni esplosive, che mostrano come il ballo sia venato anche di capacità di esibizione, che diventa persino esibizionismo. In certi casi si trascende nella "lap dance", attaccati al palo, in favor di elettorato... E le danze tradizionali? Ci sono anche quelle, naturalmente, anche se in effetti i valdostani non possono vantare i grandi successi dei nostri amici occitani, che hanno fatto di questa loro parte di cultura un prodotto di esportazione, ma purtroppo per loro questa straordinaria caratteristica non sembra essere stata utile per una politica forte. Resta una specialità di cui diffidare: quelli che, anche in politica, vorrebbero far tutto da soli. Per loro l'espressione adatta è il "tip-tap", che è molto divertente, ma resta un ballo sempre più fuori moda. Ci ho scherzato, certo, ma resta una grande verità, che va dal "Bol'šoj" (che a Mosca ho visitato con emozione) ai palchetti: «Si danza ai compleanni, ai matrimoni, nelle strade, nei salotti, sul palcoscenico, dietro le quinte. Per comunicare gioia e dolore, come rituale, per vivere esperienze estreme. La danza è un linguaggio universale: ambasciatrice per un mondo in pace, per l'eguaglianza, la tolleranza e la compassione. La danza insegna la sensibilità, la consapevolezza, la percezione del momento. La danza è manifestazione di vita. La danza è trasformazione. La danza è espressione dell'anima. La danza dà al corpo una dimensione spirituale. La danza ci dà la possibilità di sentire il nostro corpo, di innalzarci, di andare oltre, di diventare un altro corpo. La danza è partecipare attivamente alla vibrazione dell'universo» (Sasha Waltz, coreografa e danzatrice).