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19 giu 2017

Caro Luciano...

di Luciano Caveri

Caro Luciano o Lucien come ti chiamano in molti, sono passati trent'anni e vorrei ricordare con te - giovane di allora - quel passaggio decisivo della tua vita, che segnò una svolta, che ha fatto di te quello che sei oggi, che poi sono io che ti scrivo. Anche se l'artificio può far sorridere, credo che sia il modo migliore per ricordare e celebrare senza farne qualcosa di agiografico i ricordi di un passato che fu davvero un punto a capo. Era infatti il 14 giugno del 1987: allora si votò anticipatamente per le elezioni politiche e per una serie di casualità ti trovasti a un bivio al quale non avevi mai pensato.

La strada che avevi scelto era quella del giornalismo radiotelevisivo e lavoravi con impegno e costanza, pensando che quello - chissà con quali prospettive - sarebbe stato il tuo lavoro per sempre. Come "mezzobusto" leggevi il telegiornale regionale della "Rai" e "coprivi" gli eventi importanti sulle reti nazionali. Poi, d'improvviso, si aprì la strada della politica e tentennasti, anche se esisteva una tradizione di famiglia. Poi, con l'incoscienza dei vent'anni, decidesti di provarci e iniziò la campagna elettorale per la Camera dei deputati con l'allora 67enne César Dujany, che correva per il Senato (e con cui oggi berrò oggi una buona bottiglia beneaugurale). Fu una campagna elettorale difficile e faticosa e ciò deriva da quel collegio uninominale all'inglese, che però ha il pregio della scelta netta e chiara dell'elettorato, posto di fronte non solo alle alleanze fra partiti e movimenti, ma anche alla valutazione che rende più liberi sulle qualità della persona che si trova ad essere candidata per il Parlamento. Per te, giornalista televisivo, la prova del fuoco non fu per nulla semplice. All'epoca i comizi di paese erano ancora il cuore pulsante della campagna elettorale e non eri abituato a parlare in pubblico, cosa ben diversa da trovarsi di fronte alla telecamera o ad un microfono della radio. Ma non c'era alternativa a questo bagno freddo, reso caldissimo da una campagna elettorale partecipata e entusiasmante, anche se i numeri e dunque l'esito delle urne non erano per nulla confortanti. Ma eri sereno nella prova, forse perché la gioventù consentiva di coprire con energie e sfrontatezza lo stress di una prova pesante anche per un decano come César, che mai perdeva il sorriso, infondendoti sicurezza in quel peregrinare di paese in paese. Tu, dal canto tuo, lo guidavi nell'uso dei media, come le televisioni e le radio con la costruzione di spot e di una campagna elettorale innovativa, che erano il tuo pane quotidiano. Questa coppia - il nuovo e la tradizione - sfondò e, dopo un tour della Valle che fu un crescente successo pieno di entusiasmo e emozioni, arrivò per te il battesimo delle urne con un grande momento e ci fu la conseguente elezione con festeggiamenti pieni di gioia, come si vede dalle foto sul sito dell'Union Valdôtaine, che resta nel cuore il mio Movimento, da cui mi sono staccato per note e dolorose ragioni. Quel passaggio fu, fin da subito, un'assunzione di responsabilità e un lavoro da prendere sul serio con tutto l'impegno necessario e con una certa solitudine - perché toccava decidere sul momento e in fretta in passaggi decisivi per la Valle d'Aosta e per la sua popolazione. Ti trovasti alla Camera, come in un sogno rapido e pieno di affanni, ma con la consapevolezza di un ruolo da interpretare sempre al massimo, affrontando di petto tutti i dossier necessari e buttandoti di getto in quella politica romana, che poi diventò uno scenario in cui imparasti a muoverti con agevolezza per ben quattro Legislature, prima di affrontare altri impegni, che ti hanno assorbito per ventisei anni, anche se il periodo vero e proprio di aspettativa politica è durato ventidue anni. Ora, caro Luciano, festeggio con questo altro te, ormai invecchiato come da ineluttabile passare del tempo, quel giorno di allora, in cui ti recasti a votare te stesso, senza sapere bene che cosa ti avrebbe riservato la vita. Ora, vissuto questo lungo periodo, lo sai e il bilancio che mi sento di trarre è di non averti tradito. Malgrado ci siano sempre gioie e dolori, lati chiari e scuri, momenti belli e brutti volevo dirti che quei valori, quegli ideali, quelle speranze che alimentarono quegli anni iniziali di una lunga carriera in politica sono ancora lì e l'usura del tempo non li ha tinti con la patina giallastra delle delusioni e del disincanto. Semmai è subentrata l'esperienza ed anche quella maturità che gli anni consentono, ma senza tradimenti e disonestà. Per cui, dovessi dirti, penso che se potessi tornare indietro ed incontrarti direi che potrei stringerti la mano e dirti che il quasi sessantenne di oggi non ha tradito il ventottenne di allora.