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25 mag 2017

Sport e sussidiarietà

di Luciano Caveri

Mi capita, nella quotidianità della vita, di seguire le attività sportive del mio bambino più piccolo, certo molto di più - e me ne dolgo - di quanto fosse accaduto con i miei figli oggi universitari. D'altra parte mia figlia ai tempi delle scuole materne - quando io ero via tutta la settimana a Roma e poi lo sarei stato a Bruxelles e poi ad Aosta per gli impegni politici locali molto assorbenti - mi disegnò con una valigia in mano e non c'era da esserne molto fiero. Oggi, che sono stanziale e con orari normali, recupero certa socialità del quotidiano e mi confronto anche con questo mondo delle associazioni sportive, che come un reticolo fitto fitto ricoprono l'intera Valle d'Aosta, esempio di quell'associazionismo che tira avanti la baracca con molti volontari e tanta buona volontà.

Non che l'elemento mi fosse oscuro - almeno dal punto di vista politico - avendo avuto per un certo periodo una responsabilità sullo Sport in Regione e faceva impressione, specie nella distribuzione dei fondi della legge regionale, confrontarsi con lunghi elenchi di società che si occupavano delle attività più varie. Ricordo poi - come immersione totale - certi problemi legati all'annosa questione dell'apertura del "Palaindoor" di Aosta con lotte infinite fra diverse burocrazie, che spesso più che aiutare ostacolavano, esistendo un mondo di Azzeccagarbugli che ingarbugliano apposta le cose per far vedere quanto pesi il loro potere, spesso con la situazione comica di creare problemi per far vedere quanto siano bravi a dipanare quelle matasse che loro stessi hanno creato. Ricordo nella veste di traghettatore di questi problemi il celebre atleta olimpionico ed amico da sempre, Eddy Ottoz, specializzatosi in lunghe diatribe con persone ottuse, che rendevano la sua vita di appassionato di sport che non voleva altro che far funzionare le cose quella di una specie di lottatore greco-romano nel tentativo di corpo a corpo fra carte e riunioni al fine di risolvere - mettendo al tappeto i rinviatori di professione - quanto dovrebbe essere normale, quando si rema dalla stessa parte. Ma dicevo dell'esperienza, che ruota ormai attorno a tennis, calcio, sci e mountain bike, inseguendo il pargolo che ha un'agenda così fitta fra scuola, altre attività culturali e naturalmente - mens sana in corpore sano - nello Sport. Uso la maiuscola anche se il seienne per ora è polisportivo semplicemente perché non ha ancora scelto una destinazione finale, mentre alcuni suoi coetanei sono già lanciati in attività più agonistiche. E mi fanno - se permettete l'inciso - un'infinita tenerezza questi bimbi che «hanno già scelto» e subiscono talvolta già le spinte della competizione e mi domando talvolta se sia già giusto così. Chiusa parentesi. Ho dunque a che fare con problemi diversi. Il primo aspetto, già in parte segnalato, è la meritoria esistenza di tutti coloro che, specie gli allenatori, ma anche tutti gli staff, si prodigano per il bene dello sport che amano. Non è retorica: si tratta veramente di riconoscere l'esistenza di un mondo di formiche che tengono vive attività che alimentano sulla base della propria passione e non certo a scopo di lucro, perché soldi ce ne sono sempre meno e si ha a che fare con impianti sportivi - penso a certi palazzetti - che ormai, costruiti negli anni d'oro quando si pensava poco ai costi di esercizio, compresi quelli di manutenzione, sono oggi cattedrali nel deserto della spesa pubblica con il rischio quotidiano di un loro degrado. Per non dire dei campi sportivi, nati come funghi nei diversi Comuni ad un tiro di schioppo gli uni dagli altri, che oggi vivacchiano tra mille difficoltà e con costi crescenti per tenerli bene e soprattutto per avere campi erbosi degni di questo nome. Eppure loro, i bambini, hanno - capitò anche a me da bambino - in queste organizzazioni sportive una vera scuola di vita, divertendosi negli sci club sciando dietro i loro maestri ed imparando cos'è la nostra montagna, come Alexis farà questa estate con il meritorio "Club alpino italiano", per non dire della carica di entusiasmo dell'"Orange bike team" di Pontey con cui Alexis sgambetta in bicicletta divertendosi un mondo in quell'area attrezzata che invidio pensando alla mia prima bicicross, come si chiamava allora. So che qualcuno penserà che esagero, ma proprio lo Sport - arma ideologica potentissima per chi ne voglia fare un uso strumentale e non a caso venne e viene adoperata da tutti i regimi autoritari - può avere invece il volto buono della sussidiarietà orizzontale, cui credono i federalisti come me, che danno responsabilità proprie e spazi alla società civile per servizi ed attività in favore della cittadinanza, come appunto le società sportive.