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01 gen 2017

Senza Renzi, basta risse

di Luciano Caveri

Non so come la vedete voi, ma certo in questi giorni ci si accorge di cosa abbia significato che Matteo Renzi - come si può osservare con una battuta - non abbia mangiato il panettone natalizio al Governo. Nel senso che, uscito per ora di scena dopo la dura e in verità ammessa sconfitta al referendum, si è tornati ad una sorta di normalità, che evidenzia ancora di più - al confronto con la situazione politica attuale - l'eccesso parossistico del vitalissimo Renzi. Non esisteva giorno e neppure ora in cui il fiorentino rifuggisse da un annuncio o da una polemica e nel periodo della campagna referendaria la sua presenza sui media - e certo ciò non gli ha giovato - era invasiva e a tratti ossessiva.

Si respirava in Italia un clima di "Bellum omnium contra omnes" è cioè, tradotto dal latino, "la guerra di tutti contro tutti" e certo Renzi non era un pompiere ma un incendiario. Il culmine lo si è raggiunto con la riforma costituzionale per fortuna morta per mano dei cittadini e fa tenerezza chi in Valle d'Aosta scrive ancora ai giornali soliloqui di rimpianto per l'occasione perduta... Dunque il nuovo premier Paolo Gentiloni sembra, per scelta o per stile e magari su indicazione del Presidente Sergio Mattarella, aver imboccato la strada del profilo basso. Rispetto alla scelta aggressiva e colorita di Renzi, vanno bene anche mansuetudine e il grigiore - penso solo apparenti - di Gentiloni. Costretto a subire un Governo fotocopia con alcuni ronzini e qualche renziano imbarazzante (Luca Lotti e Maria Elena Boschi capofila del perdente "giglio magico"), il nuovo premier dovrà dimostrare indipendenza e non accettare il ruolo di semplice traghettatore. Vedremo se mangerà la colomba o Pasqua sarà già campagna elettorale al calor bianco. Ha osservato Eugenio Scalfari, il grande vecchio del giornalismo italiano, su "La Repubblica" prima di Natale, dopo aver dato qualche merito europeista all'ex presidente del Consiglio: «Renzi non ha aggiunto purtroppo un'altrettanto meritevole politica economica e sociale in Italia. Del resto è proprio questa difettosa politica economica ad avere scatenato la rabbia sociale manifestata con i "No" referendari. Il sessanta per cento degli italiani aveva questo in corpo contro il quaranta per cento dei "Sì", ma quel quaranta non è affatto di Renzi. A guardar bene i voti renzisti si aggirano sul 25, massimo trenta per cento. E il PD non è affatto compatto, la dissidenza interna è molto critica e non lo seguirà, D'Alema non lo seguirà, Franceschini non lo seguirà. Ed infine Gentiloni non lo seguirà. Non a caso, l'attuale presidente del Consiglio ha in varie sedi dichiarato che il suo governo cesserà di esistere quando gli sarà stata tolta la fiducia. E chi può toglierla se non Renzi? Con il suo trenta per cento? Si può tollerare questo sforzo? Con quali effetti sulla sua campagna elettorale? L'esame di questa situazione ci fa pensare che Gentiloni porterà il suo governo fino al 2018 in pieno accordo con Mattarella. Poi si vedrà. Ci sono personalità di buon conio da sperimentare a sinistra, cominciando dall'ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia e non è il solo. Caro Matteo, se avessi tenuto a mente Cavour e Garibaldi forse non saresti a questo punto. Mi rammarico per te e per l'Italia». Scalfari non riflette solo il suo pensiero, ma segue - in un movimento di carota e bastone verso Renzi - il pensiero di un'Italia che conta e che sembra aver scaricato il premier uscente, che chissà se saprà risollevarsi - ma in Italia vige l'arte del possibile - alla luce di inchieste che rischiano di dimostrare la fondatezza di certi sospetti di un Palazzo Chigi troppo legato a certi affari. Se così fosse, per il renzismo sarebbe la pietra tombale.