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14 set 2016

Arabeschi senza Europa

di Luciano Caveri

Ogni tanto, di questi tempi, a difendere gli ideali europeisti mi sono sentito come uno di quei giapponesi rimasti per decenni nella giungla senza sapere che la Seconda Guerra Mondiale fosse finita e che il Giappone si fosse arreso. E' chiaro, oltretutto, un ulteriore paradosso, come se uno sognasse di diventare amico di un leone e si trovasse invece a dover frequentare un ornitorinco. Nel senso che per me essere amichevole con l'Europa attuale non è facile, trattandosi di una brutta copia persino delle mie più misere speranze di un idem sentire comunitario e di un disegno federalista che metta assieme un'identità europea sommatoria dei tanti popoli che vivono nel Vecchio Continente. Mentre oggi siamo di fronte ad un puzzle di Stati che è difficile mettere assieme ed anzi si rischia di buttar via le speranze europeiste assieme a quanto non funziona davvero. Come si dice: "buttar via il bambino con l'acqua sporca"!

Pur tuttavia, ogni tanto è meglio - per evitare il rischio tabula rasa - difendere qualcosa che affossarlo, quando l'alternativa è ancor peggio della realtà. Leggevo in queste ore sulla versione francese di "HuffPost" quanto scritto con efficacia dal notista politico Gérard Leclerc, che riassume così la situazione: «C’est un mauvais alignement des planètes: les leaders des cinq premières puissances de l’Union sont politiquement à la peine, sinon en sursis: Angela Merkel voit son étoile pâlir et son parti, la CDU, subir l'humiliation d'être devancée par l'extrême droite de l'AfD dans le Mecklembourg-Poméranie occidentale; François Hollande végète dans les tréfonds de l'impopularité, ce qui compromet toute chance de réélection; Matteo Renzi, attend comme sœur Anne une reprise économique et joue son va-tout sur un référendum constitutionnel hasardeux en octobre; Mariano Rajoy recherche depuis des mois une majorité et un gouvernement pour l'Espagne; sans oublier évidemment le Royaume-Uni de Theresa May qui ne sait pas comment concrétiser sa sortie de l’Europe... On pourrait ajouter encore les élections incertaines à venir en Autriche, Croatie et Estonie». Se fosse solo questo: quel che colpisce è proprio l'impressione popolare, che si diffonde come un virus, di un'Europa inutile e la convinzione conseguente che solo il ripiegamento nei propri confini, pure con frontiere e persino muri, sia una soluzione a tutti i problemi, come un grottesco atto liberatorio, che suona non solo come disinformazione ma psicosi collettiva. Prosegue Leclerc, iniziando con una definizione assieme straordinaria e preoccupante: «Cette situation abracadabrantesque intervient au pire moment d'une Europe assaillie par les crises: celle des réfugiés, la menace terroriste, la croissance faiblarde, le risques de nouveaux craquements financiers et les suites du Brexit. L'union européenne paraît dériver sans boussole, sans moteur (notamment franco-allemand) et sans le carburant qui est le minimum d'enthousiasme des peuples pour un avenir commun. C’est l'Europe du chacun pour soit qui triomphe, et remet en cause, jusqu'au risque de délitement, les principes et les valeurs qui sont le socle de sa construction. Dans la crise des migrants, les pays de l'Est de l'Union rejettent toujours toute idée de quota et en France le débat se concentre sur la remise en cause du traité de Schengen. En économie, les pays méditerranéens délaissent leurs objectifs de réduction des déficits, et l'Irlande préfère refuser treize milliards d'euros d'amende infligés par l'Union à "Apple" plutôt que de renoncer au zéro impôt qu'elle a négocié secrètement avec le géant américain, en contradiction avec les règles européennes (l'Irlande qui pratique le dumping fiscale tout en ayant reçu des milliards de subventions de Bruxelles)». Salto alle conclusioni: «Face aux tenants du retour à la souveraineté des nations qui donnent de la voix et gagnent du terrain, les partisans de l'Europe rasent les murs, quand ils ne font pas de "Bruxelles" le bouc émissaire des difficultés. La campagne présidentielle française en est une nouvelle illustration. L'Europe y est absente, ou en position d’accusée. Ce n'est hélas pas nouveau, mais aujourd'hui c'est la pérennité même du rêve européen qui est en jeu». Questo silenzio francese sull'Europa - nella lotta feroce per l'Élysée - esiste anche in Italia, fatta salva la passerella renziana a Ventotene con il povero Altiero Spinelli che si sarà rivoltato nella tomba, e l'opinione pubblica sembra in parte più appassionata, con pagine e pagine sui giornali, dalle gaffes in serie della sindaca di Roma, Virginia Raggi, piuttosto che da temi di un respiro storico. Solito vizio di ricamare su fatti e misfatti non così vitali, mentre altro - dagli aspetti più evidenti per il futuro - dovrebbe essere al centro dell'attenzione. Diceva Ennio Flaiano: «In Italia la linea più breve tra due punti è l'arabesco. Viviamo in una rete di arabeschi».