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09 set 2016

Rovazzi: il tormentone estivo

di Luciano Caveri

Il tormentone musicale dell'estate è stato "Andiamo a comandare", un brano scritto e interpretato dal ventiduenne Fabio Rovazzi, video-maker di professione e molto conosciuto su "Facebook" e "Youtube" per i suoi filmati. Immagino che in molti abbiano visto anche il video e non solo ascoltato il brano, la cui prima parte qui trascrivo: «"Ma guardi signor Rovazzi
, ho in mano qua la sua cartella e E devo dirle che tra tutti i valori 
Le è salito "l'andare a comandare
". Mi spiace"... Ho un problema nella testa, funziona a metà
, ogni tanto parte un suono che fa...».

E qui parte quello che può essere considerato il reale successo del brano e cioè quella vibrazione musicale, frutto del "riff" del sintetizzatore, nelle immagini accompagnata da una sorta di brivido epilettico, che è entrato poi nella memoria di tutti quelli che l'hanno visto per la sua musicalità ossessiva e penso sia questa la chiave del successo popolare. E' essenziale che ci sia in una canzone quel tocco unico e originale, che Rovazzi dovrà ritrovare per evitare di essere stato il fenomeno di una sola stagione. Leggevo un’intervista a questo ragazzo dai baffetti appena accennati, che diceva: «Ultimamente ho fatto un viaggio in macchina da Viterbo ed ogni volta che scanalavo trovavo la mia canzone, è stato assurdo! Mi spaventa perché senza vedere il video "Andiamo a comandare" non ha molto senso e ho paura che la gente non capisca una cosa che già di per sé non è facile da capire. E' stato graduale. Quando "Andiamo a comandare" è uscita, ad inizio 2016, non ha avuto un successo immediato. Poi a maggio è diventata virale facendo mezzo milione di visualizzazioni al giorno ed è esplosa. Il motivo non me lo so spiegare anche perché il progetto è nato "a caso"». La critica ha reagito in modo molto snob, bocciando il brano o in modo serioso o con semplici prese in giro. A me, che quest'estate ho proposto negli spazi di "RaiVd'A" anche canzoni che dal 1956 risalivano fino ad oggi (giocando sul "6" di 2016), vien da sorridere se penso - che so per cominciare - proprio da "Butta la chiave" di Peter Van Wood del 1956, con il testo che inizia con: «Gelsomina.
 Apri il portone. Va bene,
 butta la chiave allora.

 Butta la chiave,
 butta la chiave, cara piccina lasciami entrare,
 butta la chiave del porton, mamma che freddo,
 freddo da cani, fammi salire, non si può stare
 tutta la notte sul porton». E' dello stesso anno "Che bambola" di Fred Buscaglione: «Mi trovavo per la strada
 circa all'una e trentatrè,
 l'altra notte,
 mentre uscivo dal mio solito caffè,
 quando incrocio un bel mammifero, 
modello cento e tre. Che bambola!». Spostiamoci di dieci anni a Michel Polnareff con la versione di "Una bambolina che fa no no no" ed ecco come inizia: «E' una bambolina che fa no no no, è così carina ma fa no no no... e già, un tipo come lei non l'ho incontrato mai...
 E' una bambolina si difende come può, 
dietro alla vetrina dei suoi no no no...
 però imparerà da me
 un bacio che cos'è...». E nel 1976 Gianni Morandi con "Sei forte papà": «Mannaggia! Possibile che tutte le volte che andiamo in campagna con la roulotte comincia a piovere, e i miei figli mi dicono: "Gli animali non hanno ombrello, 
e non portano mai il cappello, piove tanto e son bagnati, 
sono già tutti raffreddati.
 Che si fa? Chi li aiuterà?"». Ed infine, "Il clarinetto" di Renzo Arbore del 1986, così ammiccante… «Metti che ti presenti a una ragazza e dici, "Suono bene il clarinetto". Metti che lei capisce tutta un'altra cosa e ti fa subito l'occhietto. 
Metti che sei un artista puro e questa cosa non fa certo un bell'effetto. 
Il clarinetto, quello che fa "filù filù filù filà"». Insomma lasciamo stare Rovazzi con le accuse di banalità. Come diceva Edoardo Bennato ironicamente: «Sono solo canzonette».