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01 ago 2016

Viva i cani!

di Luciano Caveri

Non sono equilibrato quando parlo dei cani. A parte la sfortuna attuale di avere una moglie che ne è allergica, con tanto di prove scientifiche vere e proprie e malesseri conclamati quando siamo andati ad un'esibizione canina, vivo di straordinari ricordi dei miei cani lupo e dell'ultimo gold retriver, prematuramente scomparso. Ogni tanto compaiono nei miei sogni e penso che - qualora esistesse un Aldilà dei cani - mi guardino con benevolenza, sapendo quanto li ho amati, che è sempre meno di quanto loro hanno amato me. Perché i cani sono sempre migliori dei loro padroni, che spesso li maltrattano o li ignorano, ma il cane mantiene per il suo proprietario quello sguardo adorante da pesce lesso. Mi piace molto quella frase di Milan Kundera, che dice: «I cani sono il nostro tramite con il paradiso... sedersi con un cane su di una collina in uno splendido pomeriggio è come tornare all'Eden, dove non fare nulla non era noioso - era la pace».

I miei cani sono sempre stati silenziosi confessori, che non mi hanno mai dato neppure la minima penitenza, dimostrando sempre un'inusuale capacità d’ascolto e chi ha avuto cani sa che si tratta di una verità inoppugnabile. Certo per capire i cani bisogna capire i padroni e viceversa. E' un gioco innocuo e pure divertente quello di scrutare il rapporto fra padrone e animale per vedere le reciproche influenze e l'aspetto - talvolta caricaturale - di somiglianze. Me lo ha insegnato mio papà veterinario, che senza alcun tatto, quando arrivava un proprietario ipocondriaco - che portava il cane o il gatto per curare sé stesso - dopo una prima visita lo rinviava a mai più, dicendo che non aveva tempo da perdere dietro certe fisime. In fondo, in cambio del suo amore, il cane chiede poco e credo che l'unico esercizio in cui richiede attenzione è quando snasa in giro, essendo quello - tramite il suo tartufo - l'esercizio preferito ed il suo vero tramite verso il mondo. Vi sarà capitato, a passeggio, di notare come esistesse un suo universo olfattivo, a noi del tutto sconosciuto, che talvolta si trasforma in una vera fissazione in punti in cui non si schioderebbe mai, avendo trovato chissà che cosa di esaltante. Ha scritto Dave Barry: «I cani hanno bisogno di annusare il terreno: è il loro modo di tenersi aggiornati sui fatti d'attualità. Il terreno è un gigantesco giornale per cani, contenente tutti i tipi di notizie canine dell'ultima ora, che, se sono particolarmente urgenti, proseguono nel terreno successivo». Per questo invito a riflettere sui cani pastori che si incrociano sulle nostre montagne. Non esista una razza valdostana di cani, perché quelli che bazzicano per stalle - e in questo periodo per alpeggi - sono degli bastardoni, frutto di un lungo meticciato, ma li vedi subito autonomi e intraprendenti, mentre mettono in riga le mandrie a loro affidate. Non hanno bisogno di smancerie, cibi particolari (agghiacciante è la vendita pubblicizzata in televisione dei cibi per animali sterilizzati), assistenza psicologica e cappottini nelle sveglie prima dell'alba. Sono cani lavoratori, come i loro colleghi più titolati del Soccorso alpino, abituati ad andare al sodo. Prepariamoci ormai all'arrivo di cani un pochino più caratteriali, visto la diffusione - lupi solitari ma pure branchi - del lupo in Valle d'Aosta, bestia che è ormai amatissima da chi non ne subisce danni e basta leggere cosa dicono con preoccupazione gli allevatori piemontesi, vallesani e savoiardi per capire che certi entusiasmi (e certi business di chi sul lupo ci campa coi fondi europei) non sono condivisi da tutti. Ma il fatto certo è che dovremo abituarci ad avere presso le greggi cani piuttosto burberi e territoriali (se uno si avvicina si arrabbiano) come il "Patou" dei Pirenei, il "Maremmano" degli Appennini e certi cani asiatici giganteschi, come quelli del Caucaso. In un'antica logica da guardie e ladri, i cani specializzati ed i loro competitori lupi cambieranno in parte il nostro modo di andare in montagna.