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17 giu 2016

Orizzonte macroregioni

di Luciano Caveri

Anche le recenti e stupefacenti vicende politiche valdostane mostrano la difficoltà di mettere la mano sul fuoco sulla prevedibilità degli eventi ma soprattutto sull'affidabilità delle persone (diceva Gesualdo Bufalino che «molti diventano personaggi perché non sanno essere persone»). Il tema può riguardare tranquillamente un fantasma che si agita ormai da anni sul futuro del regionalismo, già ridotto a poca roba con la centralistica riforma costituzionale della coppia Renzi - Boschi, che farebbe - se vincesse il "sì" ad ottobre - delle Regioni una sorta di brutta copia delle vecchie Province. Tutto questo grazie ad Partito Democratico che ha cavalcato una controriforma, smentendo clamorosamente la propria stessa riforma del 2001, quando per paura della Lega si avvicinò alle idee federaliste oggi smentite del tutto. Irresistibili i personaggi che allora incarnarono quel balzo in avanti e oggi si presentano anche in Valle per dire il contrario con fantastico toupet, contando sulla smemoratezza popolare.

Mi riferisco all'idea di accorpare le Regioni: quelle macroregioni che da decenni spuntano di tanto in tanto e che ora sono persino diventate oggetto di studio della "Conferenza delle Regioni e Province autonome", che mettono da sole la testa sul ceppo per farsi tagliare la testa. Leggiamo quest'Ansa di qualche giorno fa: "«Abbiamo insediato un gruppo di lavoro che farà una proposta sul nuovo macroregionalismo possibile dell'Italia, sapendo che anche dall'Europa arriva un vento in questa direzione. Fare in modo che le Regioni prossime si mettano insieme, prima su base progettuale per rispondere a tematiche evidenti, poi anche per allineare un modello di riorganizzazione regionalista». Così il presidente della Regione Abruzzo, Luciano D''Alfonso, al termine della riunione dei governatori. Il gruppo di lavoro sarà composto da quattro presidenti: uno per le Regioni speciali, uno per il nord, uno per il centro ed uno per il sud. «Si partirà da una proposta, da portare in Conferenza, che punta a un livello di collaborazione tra le Regioni prossime - ha aggiunto - per poi andare verso un nuovo regionalismo,verso le macroregioni»". Abruzzo, addio, insomma e pare senza rimpianti e anzi per un vento che spira dall'Europa! Ma almeno lo si fa in questo caso con l'onestà di dire "pane al pane e vino al vino" dove si voglia andare, visto che la notizia qui in Valle d'Aosta è arrivata, invece, con una certa vaghezza, come se si mirasse ad accordi volontaristici (ha detto, infatti, il presidente Augusto Rollandin: «Si parla di avvicinamento, non di fusioni né di macroregioni», ma i documenti ufficiali dicono cose diverse), quando invece appunto risulta chiaro come questo sarà il secondo round delle riforme renziane. E ciò naturalmente significherebbe far sparire la specialità, che alle Regioni ordinarie non è mai piaciuta: resterebbe solo Bolzano grazie alla garanzia internazionale di Vienna. La Valle d'Aosta diventerebbe una vallata priva di forme di autogoverno, neanche più una Provincietta! Per capire dove si vuole andare leggiamo un altro esponente PD, Enrico Rossi, presidente della Toscana, che corre anche per la Segreteria del Partito Democratico, e che da tempo esalta il futuro con le macroregioni: «Mi sembra che c'è un tempo per tutto. Il Governo fa bene a pensare al referendum, penso però che subito dopo il problema si aprirà. E' bene, quindi, che le Regioni ed anche la stessa Conferenza delle Regioni riflettano e avanzino proposte autonome, comincino a ragionare. Il tema esiste. In Germania l'hanno risolto all'origine, in Francia l'hanno risolto con un provvedimento che ha eliminato il Senato, trasformandolo nel Senato delle Regioni, hanno accorpato le Regioni. In Spagna le Regioni sono di una giusta dimensione». A parte i riferimenti discutibili, la linea è quella dell'avanti tutta ed addio anche alla Toscana. Questa idea - per cambiare schieramento - è stata sempre sostenuta dal forzista e presidente della Campania, Stefano Caldoro, ma - tornando al PD - contenti dell'idea si sono dimostrati Nicola Zingaretti del Lazio e Sergio Chiamparino del Piemonte. Sappiamo poi che la Lega ha da tempo cavalcato l'idea e Roberto Maroni della Lombardia e Luca Zaia del Veneto hanno spesso detto di essere pronti. Insomma: le Regioni si preparano ad uccidere sé stesse con un certo giubilo che lascia sconcertati e nel pacchetto ci sarebbe anche la fine delle Autonomie speciali, che ora sono state "salvate" nel primo round della riforma costituzionale con una zoppicante clausola di salvaguardia, perché senza gli autonomisti al Senato sarebbero mancati i numeri per approvare la riforma. Ma come abbiamo visto si prepara - come una tromba d'aria all'orizzonte - un secondo attacco antiregionalista lcon un progetto allucinante ma del tutto coerente con la riforma Renzi, che renderebbe in futuro l'approvazione del riforme costituzionali uno scherzetto per il Governo con la maggioranza schiacciante nella Camera votata con l'"Italicum" e con un Senato fantoccio messo al soldo dell'Esecutivo. Le Specialità in questo modo si potranno cancellare in quattro e quattro otto con un prevedibile accorpamento forzato per la nostra piccola Valle attraverso un iter di una legge costituzionale fatto a razzo. Altro che Statuto nuovo di trinca con questo clima palesemente ostile. Brutta storia questa della Costituzione di fatto nelle mani del Governo e vedo già troppe complicità anche da noi: così ci sarà chi resterà nella Storia per aver scelto di stare dalla parte della ragion di Stato e non è certo quella valdostana!