Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
27 apr 2016

Il referendum nel Regno Unito

di Luciano Caveri

In Valle d’Aosta la netta sensazione è che i temi europeisti siano al minimo storico. Qualche lieve sussulto lo noto solo attorno ai fondi comunitari e al luogo comune, di cui spesso sono destinatario da varie parti perché considerato «uno che ne sa», secondo il quale - in assenza di altre fonti di finanziamento - da qualche parte a Bruxelles esisterebbe la legittima speranza di cavare qualche soldo. Sono, in questo senso, colpevole di creare molte delusioni, quando osservo che c’è poca "trippa per gatti" e non esiste nulla di estemporaneo nel puzzle che determina come spendere le risorse che la Valle d'Aosta ha in questo periodo di programmazione all'orizzonte 2020. Anzi, in assenza di un vero dibattito sul punto, c’è chi le risorse le ha già largamente destinate e nessuno si stupisca che questo sia avvenuto. Il disinteresse genera complicità.

Chissà che qualche vago interesse deriverà dall'avvicinarsi del referendum noto come "Britain Exit" che si terrà il 23 giugno in tutta la Gran Bretagna ed in cui i cittadini avranno il diritto di scegliere se la Gran Bretagna (Inghilterra, Scozia, Galles, Irlanda del nord) dovrà o meno restare all'interno dell'Unione Europea. I sondaggi danno per ora un successo di chi vuole restare, ma si sa che la loro affidabilità è flebile e da qui ad allora molti elementi potrebbero agire sugli indecisi. Un’uscita del Regno Unito - per capirci - non sarebbe come la tanto discussa in passato uscita della Grecia: si tratterebbe di un membro significativo dell’Unione europea con il rischio non solo di un terremoto economico notevole, ma anche di un "effetto domino" politico potenzialmente letale per il processo d’integrazione europea. Nella mia esperienza europea confermo quanto l'euroscetticismo inglese - imbevuto di insularità - non spunti come un fungo, ma sia un atteggiamento mentale, quasi di "separatezza psicologica", che permea anche il più convinto fra gli europeisti, oltreché naturalmente conseguenza di un asse atlantico storico con gli Stati Uniti. Perciò il fatto che il presidente americano Barack Obama si sia detto contrario alla secessione inglese è stata considerata una scorrettezza da chi ambisce alla fuga dal resto d’Europa. Lo dimostra il sindaco conservatore di Londra, Boris Johnson, antieuropeista acharné, che lo ha definito incredibilmente «Presidente in parte keniano», pensando oltretutto che il Kenya sino al 1963 è stata una colonia inglese! Per altro, con buona pace degli incomprensibili quesiti dei referendum all'italiana, il quesito nel loro caso è secco e leggibile: "Deve il Regno Unito rimanere un membro dell'Unione Europea o deve lasciare la UE?". Inizialmente, il quesito doveva essere: "Deve il Regno Unito rimanere un membro della UE?", ma la proposta è stata bocciata perché si è ritenuto che una formulazione del genere sarebbe risultata distorta perché implicitamente in favore del "sì". Perché alcuni inglesi vogliono andarsene? Troppi migranti vogliono andare da loro e c’è un eccesso di immigrazione anche da parte di cittadini di Paesi comunitari. Sarebbero troppi i tredici miliardi di sterline che il Paese ogni anno manda a Bruxelles e che verrebbero risparmiati. Ed ancora: Bruxelles mette il naso in troppe cose che sono di pertinenza della sovranità inglese. I contrari, invece, usano come arma decisiva la ricaduta potenzialmente distruttiva per l’economia inglese ed un effetto isolamento politico letale per il Paese. Un’Europa senza gli inglesi - almeno questo è il mio punto di vista - sarebbe un disastro. Non che vincano sempre il "premio simpatia", ma è la loro la più antica democrazia fra i Paesi membri. E in momenti decisivi della Storia contemporanea - pensiamo alla Seconda Guerra mondiale - hanno dimostrato una forza e una determinazione di cui gli altri europei devono avere perenne memoria. A me piace molto che siano divertiti dal nostro - noi continentali - affannarsi a scrivere Costituzioni (o a stravolgerle come sta facendo Matteo Renzi con la nostra) e mi viene sempre in mente quella frase di Elias Canetti: «Gli inglesi non hanno messo per scritto le loro leggi, se le portano addosso».