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15 mar 2016

Quel mercato dello sci che cambia

di Luciano Caveri

Vanno bene le passeggiate sulla neve nel bosco con gli scarponi nei piedi oppure - a secondo del fondo - con le ciaspole con cui sgambettare, ma sia chiaro che sciare è sciare. Lo dico alla fine della stagione invernale più sfortunata della mia vita, visto che una frattura ad un braccio - per un capitombolo domestico da manuale - mi ha impedito di godermi qualche bella pista, pur in una stagione travagliata con l'ennesimo clima bizzarro e con il prevedibile record da temperature troppo elevate. Così in fondo alle piste mi sono torturato a vedere le sciate degli altri ed a rimuginare su questo sci che dovrebbe essere - e non lo è più molto - lo sport d'elezione per i valdostani e che sembra, dai dati che seguo sempre con curiosità anche da riviste specialistiche che ricevo dai tempi in cui mi occupai di impianti funiviari, languire un po' dovunque con un calo preoccupante dei praticanti.

Scriveva a inizio stagione "La Repubblica": «L'ultimo "allarme" arriva dal rapporto dello svizzero Laurent Vanat (considerato un'istituzione nel mondo del turismo bianco) che dopo aver registrato, in Svizzera, una diminuzione degli sciatori del 15 per cento negli ultimi dieci anni, ha decretato la fine della crescita su tutto l'arco alpino, cioè l'area montana dove si concentra il 44 per cento del mercato mondiale dello sci. Con il "Financial Times" che ne approfitta per pubblicare una guida dedicata alle località dove - con i prezzi in calo - conviene acquistare uno chalet: meglio la Francia della Svizzera. Ma sui versanti meridionali delle Alpi, nelle tre "regine" del turismo invernale italiano - Cortina, Madonna di Campiglio e Courmayeur – servono comunque cifre molto elevate, anche superiori ai diecimila euro al metro quadrato, per comprare una seconda casa. Se il numero di sciatori è in calo è colpa dei prezzi, degli inverni sempre più avari di neve ma è anche la conseguenza del cambiamento nei turisti, alla ricerca di esperienze nuove. La tentazione di guardare altrove è sempre in agguato, considerando che un volo super economico per Londra può costare meno di uno skipass giornaliero. E allora ecco gli "Slons" (così sono stati battezzati dall'Osservatorio Skipass sul turismo invernale di Modena) cioè gli "snow lovers no skiers", quelli che cercano "atmosfere bianche", un popolo di quasi un milione di persone (sempre secondo "Skipass") a cui sono dedicate "ciaspolate", cene in baita con il trasporto in motoslitta, le piste di slittino e tutte le alternative allo sci (comprese le snow-bike) che si sono diffuse nelle ultime stagioni. Dice il rapporto di Vanat che lo sci attuale si regge sui baby-boomers, cioè sciatori adulti che non sempre trasmettono la passione per questo sport ai propri figli, in un mondo dove le alternative si sono moltiplicate rispetto agli anni Ottanta e Novanta». Significativo in questo senso è anche il lento addio al fenomeno dello snowboard, di cui sullo stesso giornale ha scritto il giornalista esperto di montagna Leonardo Bizzaro, il cui incipit era proprio ieri: «Sono stati i ribelli della neve, i belli e i cattivi delle piste e fuori. Per vent'anni hanno cavalcato i pendii bianchi come i colleghi al livello del mare facevano con le onde, influenzando abbigliamento e linguaggio, attrezzature e musiche». Poi, racconta l'autore, lo zoccolo duro dei praticanti è invecchiato e niente relève da parte dei giovani, anche perché - spiega uno dei suoi intervistati - la generazione fra i diciotto ed i trent'anni ha abbandonato lo sci in generale e anche la "tavola" non è più stata vista come un'alternativa appetibile per un'evoluzione dei costumi e perché i costi complessivi per sciare - trasporti, attrezzature, abbonamenti (con l'incognita del tempo sugli stagionali!) - restano alti. Insomma: tocca riflettere su questa disaffezione, sulla ricerca di alternative possibili, su azioni promozionali di rilancio che oggi dovrebbero vedere le Alpi all'unisuono. Ovvio che l'approccio con la montagna invernale sia destinato a cambiare: ancora un secolo fa l'inverno sulle Alpi era considerato una maledizione poi l'epopea dello sci ha reso la neve una benedizione. Per cui cambiare ci sta, ma oggi esistono strumenti per capire dove si può andare per risalire nel mercato del turismo e per indirizzare e per adeguarsi ai gusti della clientela.