Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
10 giu 2015

Quella Radio sul Monte Bianco

di Luciano Caveri

Dando un'occhiata alla storia della Radio in Valle d'Aosta, in occasione di una manifestazione dedicata ai novant'anni dall'inizio delle trasmissioni in Italia nel lontano 1924, uno degli elementi che spicca - ma di cui le giovani generazioni temo non abbiano memoria - è come negli anni Ottanta del secolo scorso il territorio valdostano sia stato protagonista di un'esperienza radiofonica molto singolare. Ci sta pure, come capirete, un minimo di rimpianto per il venir meno di una grande possibilità internazionale per la nostra Valle, che si sarebbe potuta associare ad un'avventura radiofonica, come avvenuto per "Radio Monte Carlo" o "Radio Luxembourg", nate anch'esse per aggirare le restrizioni che ponevano le radio in capo al monopolio del settore pubblico anche nel resto d'Europa.

Mi riferisco a "Radio Mont Blanc", operazione che iniziò ad essere imbastita nel 1978 e che finì a metà degli anni Ottanta, come un vero e proprio fuoco di paglia, che probabilmente costò moltissimo agli investitori. La sostanza dell'idea, dovendo semplificare al massimo, fu questa: in Francia ed in Svizzera vigeva una rigida logica di monopolio radiotelevisivo e dunque l'unico modo per aggirare la legge era approfittare di un territorio vicino dove si manifestava un'apertura dell'etere. Per questo, partendo da una piccola radio aostana, "Radio Aosta 102", un gruppo di imprenditori francesi e svizzeri - assai potente, scorrendo l'elenco degli interessati - decise di trovare un escamotage, piazzando un ripetitore radiofonico sul massiccio del Monte Bianco per irradiare il segnale in FM, che ovviamente non conosce le frontiere amministrative, dall'altra parte del confine. Ricordo come oggi quando, da giovane reporter e addirittura per i telegiornali nazionali, commentai le immagini, che girammo con la troupe salendo in elicottero sul Bianco, del grande traliccio che era stato costruito, spianando - con una spregiudicatezza oggi impensabile - un pezzo dell'Aiguille de Trélatête a 3.930 metri di quota. Si trattava di una sfida tecnologica colossale, che fu affrontata senza lesinare in uomini e mezzi (pare che a rivedere parti del progetto fossero stati persino scienziati della "Nasa", che si occupavano di spedizioni nello spazio!), pensando alle condizioni estreme di alta montagna in cui si agiva e sapendo, ad esempio, che per molti periodi dell'anno quell'impianto non poteva certo essere sottoposto a manutenzioni facili per l'ostilità della quota. Un impianto di trasmissioni modernissimo all'epoca, che è stato infine rimosso, dopo meno di vent'anni da quando era stato spento, con una meritevole operazione di bonifica ambientale, nel 2002. Ricordo che uno dei protagonisti dell'operazione fu un valdostano di origine di Gaby, Mario Stévenin, amico della mia famiglia, imprenditore attivissimo in Francia ed accreditato, nei discorsi che faceva mio padre in privato, come una sorta di "007" del Quai d'Orsay. Quando parlai con lui, nel preparare i servizi televisivi dell'epoca, capii bene la posta in gioco assai politica dell'epoca, specie verso la Francia dove al presidente di Destra Valéry Giscard d'Estaing (grande conoscitore del Monte Bianco, che discese pure in sci), era sopravvenuto all'Eliseo il socialista François Mitterand, ostile alla nascita di "Radio Mont Blanc" e ad analoghe operazioni nate sul confine in Liguria. Purtroppo Stévenin, che si occupò anche dello sviluppo di Pila sempre in liaison con la Francia, è morto prematuramente, perché sarebbe stato interessante, ex post, ricostruire meglio i numerosi intrighi che erano alla base della scelta di quel tempo. Per cui se le trasmissioni della nuova radio transazionale, che aveva lo studio principale in Valle e quello secondario a Ginevra, iniziano nel 1981, si può dire che da subito inizia da parte francese un'azione di manifesta ostilità sia attraverso le autorità italiane, che sono però ingessate dalla liberalizzazione in corso, pure confermata dalla Corte costituzionale, sia attraverso la scelta politica di "disturbare" le trasmissioni con diffusori inibitori di "Tdf - Télédiffusion de France", che finiscono per far fallire l'operazione. Io ho ricordo freschissimi di quelle trasmissioni radio, con uno standard professionale di animatori e giornalisti - nello stile francese, assai moderno, di intrattenimento radiofonico - che non aveva certo eguali nella dilettantesca, pur piena di entusiasmi, esperienza della radiofonia locale in Valle d'Aosta in quegli anni pioneristici.