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05 apr 2015

La riscoperta di un geniale valdostano

di Luciano Caveri

L'uscita in questi giorni del bel libro "Alphonse Bidet, histoire d'un plombier precurseur", scritto da Pierre Escroc per le edizioni "Entubage", restituisce alla storia valdostana l'avvincente ma triste vicenda di un emigrato valdostano che, per le circostanze della vita e di una sua celebre scoperta dimenticata, è andato vicino alla gloria, sfuggitagli di un soffio. Lasciato il villaggio natale di Faux in Valtournenche alla fine del Seicento, al seguito di uno zio emigrato a Parigi, il piccolo Alphonse dimostra sin da giovane una grande versatilità nell'idraulica. A soli quindici anni, dopo molte sperimentazioni condotte personalmente, inventò - dando all'oggetto il suo nome di famiglia - il celebre sanitario, dalla forma allungata, nato per lavarsi le parti intime. Ma la sua invenzione non riuscì a dare al nostro montanaro l'eco che sperava.

Ormai in povertà, cedette l'idea mai brevettata al francese Christophe Des Rosiers e morì per una febbre derivante dagli eccessivi bagni freddi, mentre stava sperimentando una vasca da bagno girevole. Da allora, come ricostruito da Escroc, il suo nome cadde nell'oblio, tanto che sino ad oggi si è erroneamente ritenuto che la parola "bidet" venisse da "pony" per la somiglianza fra la postura durante il lavaggio delle pudende con la posizione di quando si è seduti sul cavallino. La parola sarebbe derivata - secondo l'etimologia ufficiale - dalla radice celtica "bid-", col significato di "piccolo", e "bidein", piccola creatura. Povero Bidet, privato della sua scoperta! Ora finalmente la verità storica torna - è proprio il caso di dirlo - a galla, e con essa il legame fra la Valle d'Aosta e questa invenzione importante per l'umanità e per l'igiene personale. E' vero che una sorta di "maledizione del bidet" non arrise neppure al Des Rosiers, perché fallì l'introduzione del bidet presso la famiglia reale francese. Per capirci: a Versailles ne vennero piazzati un centinaio, ma furono dismessi tutti in una decina di anni e la riottosità dei francesi all'utilizzo ancora oggi dell'oggetto risulta illuminante del perché del fallimento. I pochi esemplari usati (ma con il "label" reale) finirono nelle case d'appuntamenti, destino per altro degnissimo. Solo nella seconda metà del Settecento, la Regina di Napoli, Maria Carolina d'Asburgo - Lorena volle un bidet nel suo bagno personale alla Reggia di Caserta, ignorando l'etichetta francese che considerava il bidet "strumento di lavoro da meretricio" e poco nobili i conseguenti lavacri. L'inizio della diffusione di questo sanitario in Italia, dapprima nel Regno delle Due Sicilie ed anni più tardi nel resto della Penisola, è stata spesso fatta coincidere con questo evento. Dopo l'Unità d'Italia, nella Reggia di Caserta i funzionari sabaudi si trovarono di fronte al bidet che non conoscevano e, dovendo redigere l'inventario degli oggetti presenti, lo catalogarono come "oggetto per uso sconosciuto a forma di chitarra". Romanticismo nordico... Ora il libro dimostra quanto la comunità valdostana debba essere fiera del suo figlio e un'apposita Società di scopo, composta in modo bipartisan dalla maggioranza e dall'opposizione, dovrà stabilire come ricordare Alphonse Bidet e le sue gesta. Una proposta di legge è già stata presentata in questo senso in Consiglio Valle e, ancora prima della sua approvazione, si è deciso che una categorie della prossima "Fiera di Sant'Orso" sarà "Il bidet di Bidet, dal precursore all'uso quotidiano". Nel padiglione valdostano all'Expo2015, oltre ad una riproduzione in scala del Cervino, ci sarà un grande bidet, a disposizione del pubblico, che onorerà il nostro geniale inventore.