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11 dic 2014

Babbo Natale, malgré lui...

di Luciano Caveri

Cerchiamo nella vita di ricucirci degli spazi che ci mettano di buonumore. E' un imperativo categorico. Ha scritto Laurence Sterne, scrittore irlandese settecentesco: «Se mi fosse concesso come a Sancio Panza scegliermi un regno, non sarebbe un regno marittimo - o un regno di neri con i quali fare qualche penny - no, sarebbe un regno di sudditi che ridono di cuore: e poiché le passioni biliose e più saturnine, creando disordini nel sangue e negli umori, hanno una cattiva influenza, a quanto vedo, sul corpo politico quanto su quello naturale - e poiché niente all'infuori dell'abitudine alla virtù può dominare completamente quelle passioni, e assoggettarle alla ragione - aggiungerei alla mia preghiera - che Dio conceda ai miei sudditi la grazia di essere saggi quanto sono allegri; e sarei allora il più felice dei monarchi, e loro il più felice dei popoli sotto il cielo". Bella questa coppia allegria e saggezza! Andilly è un comunello dell'Alta Savoia, sommatoria di tre paesi e situato ad una media di settecento metri di altitudine, che si trova fra Annecy e Ginevra. Lì è sorta un'attrazione, che specie di questi tempi funzione a tutto vapore, trattandosi di niente di meno che dell'"Hameau di Père Noël". Escursione simpatica con bambini piccoli o adulti aspiranti tali, anche se le code durante la visita non sono proprio invitanti. Così si raccontano: "Pas besoin d'aller au bout du monde pour faire rêver petits et grands et vous plonger dans l'univers féerique du Père Noël! C'est en Haute-Savoie qu'il s'est installé, au Col du Mont Sion, en compagnie de la Mère Noël, des lutins et de ses fidèles rennes... et il vous accueille toute l'année pour un moment magique quelque soit la saison...". Con tutto il rispetto dell'idea di business, non mi pare che la ciambella sia riuscita del tutto con il buco. Per capirci: un "Babbo Natale" a Ferragosto mi sembrerebbe fuori luogo e spiazzante, ma che in queste ore non ci fosse uno straccio di Babbo Natale in pelle ed ossa stupisce. L'unico era un pupazzo messo nel letto a dormire... Tuttavia, fa sorridere egualmente la visita nelle casette allestite con il sistema di smistamento delle lettere dei bimbi a Babbo Natale e quello di costruzione e di invio dei regali nel mondo, oltre alla camere da letto di elfi e del "grande Vecchio" con improbabile "Mamma Natale". Restano infatti lo stupore genuino dei bambini e la tacita complicità degli adulti. Dimostra che per "Babbo Natale" si è pronti a tutto. Sarà pur vero che noi cristiani ci siamo fatti trasformare sotto il naso una festività centrale della nostra religione, che già era ovviamente "meticciata" da riti e credenze "pagane". Perché nessuno è in grado d'imporre una religione se non inglobando parte di quanto già c'era e così ha fatto anche il Babbo Natale, prendendo elementi profondi dell'umanità e pure pezzi di quel San Nicola di cui è parziale ricopiatura. Insomma, nella cultura popolare non si butta via nulla e l'identità delle festività natalizie è plurima e cosmopolita e pure in continua trasformazione e di questi tempi il côté commerciale spinge a mille e in parte trasfigura. Aggiungerei che più i tempi sono grami e più ci si attacca ad elementi feticcio - come il peluche della propria infanzia - perché appaiono come un elemento di rassicurazione, quando troppo nella nostra vita si modifica in modo inquietante e l'unico modo per esorcizzare le paure è rifarsi a quanto - vero o artificiale che sia nei fatti e nel nostro sentimento - ci scalda il cuore. Così il Natale, che sarà in parte una sovrastruttura che si può criticare, ma ogni tanto penso che non sia male farsi trascinare, anche prendendo per buona la presenza di un "Babbo Natale", piuttosto fantasmatico, in trasferta sulle Alpi...