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10 nov 2014

Ah! La burocrazia!

di Luciano Caveri

E' interessante seguire il botta e risposta fra il giovane e impulsivo Matteo Renzi (classe 1975) , attuale presidente del Consiglio, e il nuovo presidente della Commissione europea, il lussemburghese, assai navigato e calcolatore, Jean-Claude Juncker (classe 1954). Aveva cominciato nel corso della sua ultima presenza a Bruxelles, dove l'Italia ha la Presidenza del Consiglio, lo stesso Renzi, picchiando duro sui burocrati europei e lasciando intendere che sui costi dei Palazzi dell'Unione ci sarebbe stato da ridere. Il vecchio popolare (democristiano) Juncker, indirizzandosi a Renzi, che viene dalla stessa esperienza politica prima di "scalare" il Partito Democratico, ha risposto, con il dovuto recul temporale, dando del «superficiale» e chiedendo rispetto al leader italiano: «Devo dire al mio amico che non sono il presidente di una banda di burocrati». Controreplica Renzi, confermando la sua foga, che non credo gli porterà bene in Europa: «E' cambiato il clima per l'Italia, non vado a dire "per favore, ascoltateci", non vado con il cappello in mano». Probabilmente nessuno osa dirgli che al posto di usare la mazza ferrata sarebbe consigliabile l'uso del fioretto, evitando il "do di petto" del tenore. Perché i burocrati sono "burosauri" (definizione suppletiva, che è usata in italiano per identificare un burocrate che "opera con pignoleria nell'osservanza formale di norme desuete", derivata da una commedia degli anni Sessanta di Silvano Ambrogi) con la memoria d'elefante, specie se uno non ha proprio sempre le carte in regola. Il fatto certo è che ormai "burocrazia" è una parolaccia, così come in Europa l'uso del francese "fonctionnaire", che ha assunto una valenza caricaturale. "Burocrazia" arriva in italiano dal francese nel Settecento, quando era quella la lingua franca e non l'inglese, e nasce dalla fusione di "bureau" (ufficio) e del greco antico "kratos", potere, autorità. L'espressione, in negativo come qualcosa di patologico, la si deve ad un economista francese, Vincent de Gournay, che attorno al 1740 parlò per primo della "bureaumanie" e di una nuova forma di dominio, appunto la "bureaucratie": «Nous avons […] une maladie qui fait bien du ravage; cette maladie s'appelle la bureaumanie. Quelquefois, il en faisait une quatrième ou cinquième forme du gouvernement sous le titre de bureaucracie». Sul sito di termini politilogici Las Toupie così si riassume in due round: "La bureaucratie est l'ensemble des fonctionnaires ou plus largement des employés affectés à des tâches administratives. Le fonctionnement de la bureaucratie est caractérisé par une hiérarchie claire, des postes de travail bien définis, une division des responsabilités, des procédures strictes, une gestion précise des dossiers... Le mot bureaucratie a été vulgarisé par Max Weber (1864-1920) et s'applique à toutes les formes d'organisation, même s'il est souvent associé aux pouvoirs publics". Ecco il secondo senso: "Le terme bureaucratie désigne de manière péjorative une influence ou un pouvoir excessif de l'administration dans les affaires publiques ou dans la politique. La bureaucratie est alors caractérisée par sa lenteur, sa lourdeur, son manque de flexibilité, son incapacité à traiter les casparticuliers. Les décisions bureaucratiques son difficilement compréhensibles, peu conformes au bon sens ou à la démocratie. Pour le grand public, "bureaucratie" est souvent synonyme d'inefficacité, de paresse, de dépenses inutiles, d'effectifs pléthoriques, de privilèges. Le seul but de la bureaucratie serait d'assurer sa pérennité et de s'accroître toujours plus, au détrimentdes "vrais travailleurs". Ce type d'argumentaires est fréquemment utilisé par les partis populistes et les syndicats patronaux. La bureaucratie désigne aussi une forme de régime politique dans lequel le pouvoir réel est détenu et transmis par l'administration. La progression au sein de l'organisation n'est pas liée à l'efficacité, mais à la docilité, à l'appartenance à un réseau ou à un parti politique, souvent unique. L'exemple de régime bureaucratique le plus souvent cité est celui de l'URSS avec une bureaucratie très hiérarchisée au service d'un régime autoritarie". Esiste in Europa, dunque, una burocrazia perniciosa, come denunciato da Renzi? In parte sì e un giorno ne scriverò, perché nell'esperienza europea ne ho viste delle belle, ma ne esiste una, pure peggiore, in Italia su cui ho testimonianze infinite. E dunque, semmai, è da combattere una certa forma di Stato, così come si è sviluppata nel tempo, dimostrandosi nella propria organizzazione come una vera e propria gramigna a detrimento dei cittadini e anche, purtroppo, dei politici sinceramente riformatori. E allora che deve fare Renzi? Bene andare in Europa a chiedere cambiamenti, ma magari con proposte concrete e non con il piglio che rischia di farlo assomigliare a un Don Chisciotte senza averne i tormenti. Ma forse varrebbe la pena che si guardasse attorno a Palazzo Chigi e nei Ministeri e scoprirebbe che i burocrati italici non sono solo quelli del Ministero dell'Economia, che evitano semmai scelte spericolate, ma anche i mille e mille volte Azzeccagarbugli che paralizzano l'Italia. Insomma: Roma-Bruxelles e ritorno.