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31 ago 2014

Il "caso Unterthiner"

di Luciano Caveri

Non avevo voglia di scriverne e così mi ero ripromesso di far passare il tempo, aspettando che finisse la buriana. Ma ho poi notato che il piano inclinato della polemica rischiava di trasformare la "palla di neve" in "valanga" e non vorrei che alla fine tutto finisse in una sorta di rissa di fine estate con tifoserie rispettive. Se così fosse, saremmo di fronte a qualcosa di inutile e dunque provo, cogliendo l'occasione, a riassumere la questione, esprimendo una mia modesta opinione. Mi ha stupito che il pacatissimo Stefano Unterthiner sia sbottato con un'invettiva molto forte e a largo spettro, invitando, in sostanza, i turisti a non venire più in Valle d'Aosta. Dichiarazione "tafazziana" ("Tafazzi" era il personaggio di Giacomo Poretti che si colpiva il bassoventre con violente bottigliate) nella sua semplicità. Che Stefano sia un ambientalista convinto risulta evidente dal suo curriculum di fotografo naturalista, ma la scelta un po' luddista - e dunque inutile nel suo intento provocatorio - di boicottaggio immagino che sia frutto di un momento di rabbia. Penso anche, come gli ho detto direttamente al telefono dopo averlo letto, che su alcuni punti sarebbe bene discutere e evitare, in poche righe di un commento, di trattare temi meritevoli di essere presentati nella loro complessità. E' la differenza fra una foto istantanea e un reportage fotografico. Leggo che l'Avvocatura regionale starebbe studiando il caso e lo farebbe - in tutta evidenza, non esistendo il "motu proprio" - con la possibile intenzione di denunciare chi è stato non solo testimonial della Valle (per scelta della Giunta Rollandin), ma ha proprio qui con i nostri selvatici sviluppato una parte significativa del proprio lavoro, poi allargatosi al mondo e a prestigiose pubblicazioni. Non penso, infatti, che gli argomenti trattati siano alla fine risolvibili in un'aula di giustizia e che il perimetro delle opinioni espresse - forse con qualche foga di troppo e con qualche errore di valutazione - configurino chissà quale diffamazione o danno d'immagine. Ho visto nel tempo e anche di recente dichiarazioni ben più offensive sulla storia e cultura valdostana, cadute subito nel dimenticatoio, come se niente fosse, quando meritavano repliche brucianti e il pubblico ludibrio. Penso, semmai, che sui temi ambientali sia giusto riprendere il dibattito, oggi che le venature ideologiche sono scomparse e si sono superate antiche contrapposizioni di un tempo e non ci sono più guardiani del tempio autoproclamatisi tali, ma vi è una coscienza diffusa sul tema senza troppi dogmi in campo. In fondo la sostanza è facilmente riassumibile ma assai complessa: quale sviluppo futuro per la Valle d'Aosta, territorio esemplare anche per gran parte delle Alpi? Questo può consentire di discutere non solo dei singoli punti di esemplificazione del pensiero di Unterthiner quanto permettere di inserirli in un contesto più ampio, che riguarda il solito problema di come armonizzare le attività umane nella Natura e quale sia il bilancio fra costi e benefici di singole iniziative per evitare l'idea insana che qualunque attività economica sia, per dritto o per rovescio, nociva. Per evitare proprio che affermazioni "forti" sviliscano quanto già fatto. In sostanza questa non è niente altro che la democrazia e da quando è nata si sa che il livello della discussione può essere concitato e a tratti eccessivo. Se si alzano troppo i toni bisogna fare in modo di addolcirli, perché il rischio di violenze - anche solo verbali o scritte - avvelena il pozzo dove tutti dobbiamo bere. Ciò detto mi piacerebbe davvero che Unterthiner accettasse, in termini concordati, di confrontarsi con chi non la pensa come lui, perché l'occasione non finisse qui con la solita battaglia di trincea fra opposte fazioni in un'improduttiva e logorante guerra di posizione.