Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
09 mag 2014

Internet e demagogia

di Luciano Caveri

Tocca vivere stando sempre con le antenne dritte in questo mondo, in cui la bussola delle proprie certezze rischia in ogni momento di andare in tilt. Per fortuna restano idee, convinzioni e valori, che servono sempre per orientarsi nella giungla, dove vivono anche animali velenosi. Internet è una nuova dimensione della democrazia sia perché è diventato più facile informarsi su qualunque aspetto dello scibile umano sia perché esistono delle "agorà" digitali di vario genere. Va chiarito, per non avere una visione ottimistica ottusa, che - come qualunque cosa umana - se ne può fare un uso negativo. Oltre a informazione e cultura di grande spessore, ci sono errori marchiani, baggianate colossali, palese disinformazione. E sui "social" ci sono, come nella vita, i cattivi e i cretini, che riescono a ingigantire la loro attività, per altro non rendendosi conto che la più recente giurisprudenza della Cassazione inviterebbe a qualche cautela, almeno in Italia. Internet per la politica è una grande prospettiva. Lo è perché l'informazione gira con rapidità (con le accortezze già dette) e perché per chi faccia politica esistono la possibilità di sfruttare "contatti remoti" quali "chat" e "forum", riservati o aperti, che consentono una nuova dimensione di confronto, specie con la crisi della politica fatta di riunioni, convegni e congressi, che sentono il peso degli anni nelle versioni più tradizionali. Sia chiaro: la prossimità resta fondamentale per politici e partiti. Fa sorridere, ma fa anche pensare, chi in certi bar ha scritto cose del genere: «qui non c'è il wifi perché si parla». Tuttavia esiste in questo uso un rischio di demagogia. Parolina settecentesca, che si riallaccia a un termine molto più antico, vale a dire "demagogo", cioè "chi acquista potere fomentando e lusingando le passioni del popolo". L'origine è dal greco "dēmagōgós", cioè "capopopolo", che è parola composta da "dêmos - popolo" e "agōgós - guida", espressione che già nell'antica Grecia - come ricordo dalle versioni del Ginnasio! - di "politicante". Demagogia, oggi, da "Zanichelli", ha un singolare utilizzo a tre facce. Per chi governa: "degenerazione della democrazia, in cui i governanti, anche attraverso concessioni alle esigenze immediate delle masse popolari, tendono in realtà alla conservazione del proprio potere". Per chi aspira a governare: "pratica politica consistente nell'accattivarsi il favore popolare con promesse di miglioramenti economici e sociali difficilmente realizzabili". Poi esiste la demagogia proprio da social: "in una discussione, atteggiamento di chi cerca di accreditare le proprie tesi con affermazioni di facile presa, propagandistiche". Ma in realtà tutti e tre i tipi di demagogia sono amplificati da Internet con le sue enormi casse di risonanza. Per cui bisogna davvero sforzarsi di stare vigili, ricordando che si tratta di uno strumento e chi finisce per pensare che la Rete sia una dimensione sostitutiva della società umana va guardato con sospetto. Certi pensieri utopisti del passato, straordinari per i semi che hanno diffuso, ogni tanto sono purtroppo serviti per far crescere la malapianta dei totalitarismi.