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11 ago 2013

Cantiam cantiam

di Luciano Caveri

Sono stato spesso oggetto di prese in giro per una mancanza di un mio penchant personale per elementari lavori di bricolage. Motivo dei lazzi, specie della mia "dolce metà" che si vanta invece di destreggiarsi fra lavori elettrici, idraulici e di carpenteria, è il fatto che io non abbia frequentato l'asilo, balzando direttamente e con mio vivo malumore nel lontano 1964 in prima elementare (e c'erano ancora solidi banchi con inchiostro e calamaio e poster alle pareti, che ammonivano con disegni sul rischio di ritrovamento di bombe a mano inesplose!). Parrebbe che l'assenza di basici insegnamenti di manualità e di logica in epoca infante mi abbiano reso, per una serie di cose, inguaribilmente imbranato. Il piccolo Alexis, che ha chiuso ieri il ciclo del "nido" ed è pronto per l'asilo, ha invece avuto garantita una formazione precoce e dunque o sarà viziato da un evidente incapacità frutto dell'ereditarietà oppure mi supererà in un battibaleno. Devo dire che, già in un aspetto va forte, grazie alle sue simpatiche maestre: il canto. Ridendo e scherzando, ha già un repertorio di una ventina di canzoncine e non perde occasione per dimostrare le sue doti con una vena esibizionistica che viene dritta filata dai miei geni. Alla sua età il mio must era il twist, ballo in voga. Eppure si scopre che questa educazione-vocazione va presa sul serio. Mi raccontava, giorni fa, il giovane maestro di coro ed organista Davide Benetti (che dirige il "CCS Cogne Arer" e l'Ensemble vocal "de Si de La" di Cogne) come chi diriga - e lui ha vinto, mesi fa, il primo concorso nazionale per direttori di coro "Le Mani in Suono" - si accorga oggi di una certa differenza fra i coristi quarantenni e cinquantenni e quelli più giovani, perché i più vecchi sono più abituati a cantare rispetto alle generazioni successive. Trovo che sia vero: un tempo non c'era passeggiata, gita scolastica, festa in casa o in tavernetta dove a un certo punto non si intonasse un canto tradizionale o qualche brano di musica leggera. Di conseguenza oggi scopro di sapere a memoria, pur non avendo una particolare intonazione, dei "pezzi"che mi arrivano da chissà quale pezzo di passato. I miei figli più grandi si sono persi questi passaggi e dubito che, malgrado la precoce iniziazione, il più piccolo invertirà questa tendenza alla "smusicalizzazione", anche se nel frattempo nel settore della musica si sono aperte in Valle molte strade che ai miei tempi non c'erano. Ma i canti, il loro apprendimento, il gusto di stare assieme che ne deriva sono un bene da non disperdere. Proprio perché il canto - basta pensare a cori e cantorie in azione così numerosi in una piccola vallata come la nostra - è un caratteristica forte dell'identità dei valdostani, come dei montanari di tutto il mondo. Come dice l'Inno valdostano "Montagnes Valdôtaines":

"Ô montagnards! (bis) Chantez en chœur! (bis) De mon Pays (bis) la paix et le bonheur!"