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10 lug 2013

Se la polenta è contaminazione culturale

di Luciano Caveri

Sei con un gruppo di amici e attorno alla stufa a legna - che non fa lo stesso effetto d'inverno... - c'è Maurizio che si occupa di cuocere la polenta e si è nella fase cruciale dell'aggiunta della fontina per renderla "concia", come da tradizione valdostana. Questo gesto della cottura della polenta è assieme antico, ma anche segno eminente di che cosa significhi nel concreto la contaminazione culturale. La parola in latino - e l'etimologia è la stessa del polline - indicava come polenta la farina d'orzo abbrustolita e questa poltiglia poteva avere come variante altri tipi di farine, derivate dalla segala, dal miglio, dalla castagna, dal farro, dalle fave, dal grano saraceno. Oggi, in tutte le Alpi con varianti nei metodi di cottura e di "rifinitura" a farla di padrona, come se ci fosse sin dalla notte dei tempi, è la polenta fatta con la farina gialla, derivata dal mais. Ma il mais, come si, sa è approdato in Europa con la famosa scoperta dell'America del 1492 e solo dal Seicento diventa un cereale diffuso nella sua coltivazione, conquistando pian piano le vallate alpine, in un processo di conquista attraverso l'uso diffuso della polenta. Più tardivo, ma identico nelle sue origini, è dal Nuovo Mondo l'arrivo sulle Alpi della patata, che da un distratto potrebbe essere egualmente ritenuto un prodotto coltivato e presente negli usi culinari sin dalla notte dei tempi. Ad essere precisi, nel caso della Valle d'Aosta, secondo il canonico e scienziato Pierre-Louis Vescoz, la patata giunse in Valle d'Aosta nel 1777, importata dalla Francia dal notaio Jean-François Frutaz, che la seminò per la prima volta nel suo paese, a Châtillon. Propongo sin da ora nel 2027 di festeggiare i 250 dell'arrivo della patata sul nostro territorio e mi pare che si sia trovata benissimo! Insomma i prodotti si muovono e si innestano sul locale: vogliamo parlare del caffè (oggi alla valdostana!), dei pomodori (fierezza degli orticoltori), del cioccolato, delle molte varietà di frutta "stratificatesi" in Valle d'Aosta in epoca remota o recente? Esempio "naturalistico" di come la tradizione si evolva e muti, sia fatta di cose che scompaiono e di altre che appaiono. Trasferita nella cultura, rende una comunità vivente, permeabile, mutevole. Esempio, in grande e attraverso millenni di storia, trasferibile nella vita - ahimè più corta - di ciascuno di noi.