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29 apr 2013

Povero Monti (e poveri noi)

di Luciano Caveri

"La politica nuoce gravemente alla salute". La scritta - ovviamente scherzosa - dovrebbe figurare da qualche parte come un ammonimento a restare sempre con i piedi per terra. Ci pensavo guardando un trasfigurato e irriconoscibile Mario Monti, ieri sera in televisione da Lilli Gruber. Ero stato fra quelli che avevano dato un grande credito al Professore sulla base di un curriculum di grande rilievo, specie della sua azione come Commissario europeo, quando lo avevo conosciuto di persona e mi era parsa una persona intelligente e pacata, pur venata da un poco di supponenza. Pensavo in fondo che, vista l'esperienza politica in Europa, sarebbe stato in grado di guidare e di dar vita ad un "Governo tecnico" ad elevato tenore politico. Ed invece, purtroppo, l'uomo ieri sul teleschermo era un "altro" Monti, ormai svelato in una solitudine del potere svanito, pieno di veleni e rivendicazioni. Il suo Governo - penso alla nostra ottica di valdostani - è stata una compagine anti-autonomista con poche eccezioni, priva di rispetto istituzionale per la nostra autonomia speciale e tignosa nel contrastare pure la gran parte delle leggi regionali, rinviate con metodo alla Corte Costituzionale. Lo stesso vale per lo stop ad alcune norme d'attuazione, sbandierando l'interesse nazionale, ultima spiaggia dello statalismo. Dopo aver fatto il "salvatore della Patria", chiamato per risolvere una situazione grave (e lo era davvero a causa di quel berlusconismo che pareva morto e ora torna nel "governissimo"), il Professore - che pareva temporanente sulla scena politica per puro spirito di servizio - ha scelto di «salire in campo», candidandosi. Il risultato, ma non pare essersene reso conto è stato modesto e il rapporto con l'opinione pubblica pessimo. Il punto più basso, oltre all'imminente probabile accettazione di un Ministero con il Governo Letta, e stato l'accoltellamento meschino a Romano Prodi, candidato al Quirinale e suo Presidente alla Commissione europea. Il Professore non è più lui o forse è sempre stato lui e quindi devo ammettere - e nella vita bisogna farlo - mi sono sbagliato. Mi rifugio in questa e in altre occasioni dietro la frase di Honoré Gabriel Riqueti, conte di Mirabeau: «Solo gli imbecilli non cambiano mai opinione».