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22 apr 2013

Prodi e la sua sconfitta

di Luciano Caveri

Romano Prodi è stato il "capro espiatorio" al quarto scrutinio ed ora si ritira fra il giubilo dei tanti che non lo volevano. Vedremo se chi verrà sarà meglio di lui e intanto trascina nel baratro anche Pierluigi Bersani, dimissionario. Ho conosciuto Prodi qualche mese prima di diventare deputato, quando nel lontano 1986 erano in corso le trattative per la privatizzazione della "Cogne" e lui era presidente dell'"Iri" ed io scendevo a Roma per la "Rai". Un’operazione che "salvò" la siderurgia in Valle grazie ad una visione aperta e collaborativa, che permise anche alla nostra regione di acquisire la vasta area occupata all'epoca dallo stabilimento. Poi, in molte occasioni, le nostre strade si sono incrociate. In Italia questo ha riguardato soprattutto i suoi due periodi alla Presidenza del Consiglio (dal 1996 al 1998 e dal 2006 al 2008), il primo quando ero parlamentare a Roma ed ero spesso a Palazzo Chigi, la seconda quando ero Presidente della Regione. In entrambi i periodi furono approvati emendamenti a diverse leggi a noi favorevoli e norme di attuazione dello Statuto molto significative. I rapporti di amicizia in politica contano, ma conta ancor di più la lealtà dei rapporti e con noi valdostani Prodi è sempre stato corretto e rispettoso. Certo fra i due periodi c'è stata anche la frequentazione con Prodi a Bruxelles, quando era Presidente della Commissione europea, ruolo che ha svolto con grande capacità e respiro internazionale. Ricordo che ero stato eletto parlamentare europeo, sinora il solo valdostano, grazie all'accordo con i "Democratici" di Prodi e questo credo che sia un particolare che la dice lunga sul suo interesse per la Valle. Nessuno lo obbligava a farlo. Venne in quel periodo anche in Valle per una lectio magistralis ed apprezzai le sue doti sciistiche sulle piste di Courmayeur e di La Thuile: stile spartano ma efficace, senza mai fermarsi dalla cima al fondo della pista. Come in politica, insomma, dove ha mostrato una grinta non casuale, infrangendosi anche contro sconfitte come quella a suo tempo Palazzo Chigi e ora per il Quirinale. Come già a Roma, dove mi capitava di vederlo spesso a Palazzo Chigi, anche a Bruxelles capitava spesso di vivere con lui un "dietro le quinte", dove dimostrava doti di gran raccontatore con umorismo, facendosi però serio e analitico quando capitavano momenti gravi, cui mi capitava di assistere. "Mortadella", come è stato chiamato dai suoi detrattori gode di una vasta platea di antipatizzanti, a destra come a sinistra e anche in Valle, pure tra persone mie amiche, che rievocano a rotazione diverse storie su di lui. Io penso che in molti casi queste etichette siano davvero ingiuste, avendolo - come dicevo - conosciuto nell’intimo di momenti politici importanti e anche nei momenti di relax, ad esempio della sua casa di Bologna assieme alla moglie Flavia. Ma penso che si debba essere rispettosi anche di chi non lo digerisce e ora si gode - anche nel Partito Democratico - la sua sconfitta. E così sia.