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14 apr 2013

I tempi lenti della democrazia

di Luciano Caveri

I tempi lenti delle istituzioni in Italia non sono più per nulla in linea con la rapidità del mondo odierno. Lo abbiamo visto con l'attuale crisi politica italiana, che procede al rallentatore con ritmi davvero inconcepibili. Abbiamo votato il 24 e 25 febbraio e le nuove Camere si sono riunite in mese dopo e, ancora oggi, il Parlamento è fermo e nessun Governo legittimo ha sostituito il Governo Monti, che vive in una logica di prorogatio inconsueta, che di fatto lo inchioda all'ordinaria amministrazione. Ora attendiamo la nomina del nuovo Presidente della Repubblica, perché quello in carica non potrebbe neppure sciogliere il Parlamento negli ultimi sei mesi del suo mandato, e si incomincerà a votare il 18 aprile e potrebbe passare qualche giorno, prima che si decida chi sarà il nuovo Capo dello Stato. Insomma: si era andati al voto anticipato per ridare in fretta un Governo politico all'Italia e si è finiti impantanati, oltretutto con una certa tentazione del Presidente Giorgio Napolitano di forme interventistiche - tipo i dieci saggi - andati ben più in là delle prerogative presidenziali. Anche l'appello di ieri alle "grandi intese" sembra aver ecceduto la normale logica della "moral suasion" del Quirinale. Spiace dopo un settennato impeccabile in cui, anche nei momenti più difficili, il Presidente era stato un faro rassicurante. Questo incedere lento, reso più difficile dall'esito bislacco del voto con un Senato senza maggioranza, non è solo prerogativa dello Stato. Pensate anche, nel piccolo, ai tempi dettati dal nostro Statuto, dalle leggi e dalle prassi consolidate. Ieri si è svolta l'ultima seduta del Consiglio Valle, le Commissioni cessano domani, la Giunta regionale entra in ordinaria amministrazione in assenza di un'Assemblea "vivente". Si voterà il 26 maggio e per avere il nuovo Consiglio regionale bisognerà aspettare il 1° luglio. Sono tempistiche ormai datate, che segnano un distacco evidente fra una realtà che attorno a noi vola, mentre le istituzioni rappresentative - in questo ma anche nelle dinamiche dei regolamenti assembleari - sono delle poco performanti lumache, eredi di minuetti parlamentaristici che andavano bene nell'Ottocento. Anche la democrazia dovrebbe guardare orologio e calendario.