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27 feb 2013

La storia del "fil rouge"

di Luciano Caveri

Non è più propaganda la semplice constatazione di quanto mi abbia fatto piacere, con maggior o minor successo, e il peggior critico di me stesso sono io, costruire ogni sera nei comizi - che sono in termini letterari dei "vuoti a perdere" che restano nei soli presenti - dei discorsi che consentissero di attirare l'attenzione del pubblico. Non ho studiato oratoria, nel senso classico del termine, e non ho fatto - a differenza di qualche collega politico - corsi specifici per imparare a parlare in pubblico. Ho cercato nel tempo di costruirmi un mio metodo, che si è cementato su di una convinzione: un pubblico ti segue davvero e solamente se parli a braccio e per farlo non devi avere discorsi scritti da sbirciare, al massimo puoi avere un bigliettino con qualche nota, che funga da "coperta di Linus" nel caso sciagurato che perdessi il filo. E proprio il "filo" è stato il tema dominante del mio ultimo intervento di questa campagna elettorale. Non il "filo d'Arianna", che è - come noto - un indizio che consente di trovare la soluzione di un problema intricato: come il filo che Arianna, figlia del re di Creta, Minosse, diede all'eroe Teseo per aiutarlo a uscire dal Labirinto dopo aver ucciso il mostruoso Minotauro, divoratore di fanciulli. Ma il filo è un altro: si tratta del modo di dire francofono "fil rouge", applicato nel mio intervento alla lunga storia dell'autonomia valdostana attraverso tutte le epoche e i diversi regimi. All'inizio, alla ricerca di quale fosse l'origine, ero stato portato su di una strada sbagliata: pareva si trattasse del fatto che in elettricità il filo rosso fosse il conduttore per eccellenza e dunque il riferimento al flusso elettrico serviva da esempio applicabile in modo universale. Ho chiesto riscontro ad un ingegnere che mi ha guardato stranito: falsa pista. Per cui ho ripreso a cercare e nel ricco, ma pieno di trappole e notizie fasulle, ho trovato la soluzione, che qui propongo in una versione standard: "Pourquoi "fil rouge"? Il semble qu'il faille chercher l’origine de l'expression chez Goethe, dans l'une des œuvres les plus célèbres du grand poète allemand, "Les affinités électives". Pour nous assurer de la cohérence du journal d'Ottile, l'une de ses héroïnes, voici ce qu'il nous dit : «Tous les cordages de la flotte royale, écrit-il, du plus fort au plus faible, sont tressés de telle sorte qu'un fil rouge les parcourt tout entiers et qu'on ne peut l'en extraire, sans que l'ensemble se défasse, et le plus petit fragment permet encore de reconnaître qu'ils appartiennent à la couronne»". Interessante questo rimedio identificativo e contro i furti, perché chi tenti di estrarre il "fil rouge" distrugge il cordame che diventa inutilizzabile. Come può capitare ad un'autonomia speciale cui venga sottratto il patrimonio di idee e valori.