Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
20 feb 2013

Contro populismo e demagogia

di Luciano Caveri

La mia tesi è nota per chi frequenti queste pagine: le diverse crisi che investono questi tempi grami - crisi istituzionale, politica, finanziaria, morale (si susseguono scandali e altri si profilano) e ognuno ci aggiunga quel che crede - sono utili se servono per reagire. Crogiolarsi nelle preoccupazioni serve solo ad accentuare il malessere e crea una situazione di avvitamento che fa schiantare al suolo. Giorni fa, una persona semplice che ho incontrato - priva di certe sovrastrutture che rischiano di rendere insinceri - mi ha detto, parlando della situazione di "blocco" nella nostra Valle, di come si stia propagando un pessimismo e una mancanza di reazione che rende tutto più difficile. Parole sante: bisogna muoversi. Oggi non serve a niente né far finta che tutto vada meravigliosamente bene come predicano quelli che hanno la pelle di salame sugli occhi e non servono neppure le parole d'ordine degli "sfascisti" di diverso orientamento. Ci sono commentatori diversi che convergono - in quel paradosso italiano che ha generato l'espressione assurda, un ossimoro, di "convergenze parallele", che sfida la geometria euclidea - nella logica di chi "la spara più grossa". Banalizzare e usare la rozzezza è la forza della demagogia e del populismo ed è una gara ad inseguimento che può durare all'infinito, visto che l'asticella può essere alzata oltre ogni ragionevole misura. L'economista francese Georges Elgozy diceva: «La démagogie est à la démocratie ce que la prostitution est à l'amour». Il giornalista americano Henry Louis Mencken ha scritto: «Ci sono politici che, se i loro elettori fossero cannibali, prometterebbero loro missionari per cena». Il tono delle due citazioni è scherzoso, ma va ricordato che alla base di ogni svolta autoritaria che diventa dittatura e di ogni tentazione autoritaria che aleggia anche attorno a sistemi democratici c'è il cancro populista e cioè agire di pancia più che con il cervello. Specie quando il carisma, cioè il dono naturale della leadership che può avere anche una spinta di partenza positiva, assume nel tempo il volto carognoso e rancoroso di chi aborrisce i tempi e le procedure della democrazia e cerca di saltare a piè pari ogni confronto e discussione nella convinzione che la linea è già tracciata e nulla e nessuno può modificarla.