Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
09 nov 2011

Cosa resta da fare

di Luciano Caveri

La lezione dell'alluvione del Duemila è stata, oltre ai costosi lavori di ripristino, di messa in sicurezza e ai sistemi d'allerta la mappatura in fasce di rischio del nostro territorio regionale. Un lavoro lungo e accurato. Oggi possiamo dire che esiste una maggior consapevolezza e l'organizzazione regionale e comunale di Protezione civile hanno raggiunto un buon funzionamento. Facciamo gli scongiuri, con la pioggia battente di oggi, ma diciamo che i dieci anni trascorsi dalla tragedia di dieci anni fa sono stati impegnati proficuamente. Vedo solo due problemi ancora. Il primo riguarda le previsioni meteorologiche, oggi strumento fondamentale per prevedere e pianificare emergenze e interventi. La scienza ha fatto passi da gigante e se penso a trent'anni fa alle previsioni di Mario Pozzo, figlio del celebre commissario tecnico della Nazionale, vien da sorridere per gli sforzi ancora artigianali dell'epoca. Tuttavia, malgrado le disponibilità tecnologiche e le maggiori dotazioni di personale, la Valle non si è mai dotata di un sistema, di un modello studiato appositamente per il proprio territorio. Intendiamoci: tutti i modelli esistenti comprendono la nostra Regione, ma una modellistica specifica, che andrebbe costruita appositamente, amplierebbe la bontà previsionale. In secondo luogo: i cittadini, tranne chi è in zone delicatissime soggette ad allarmi, non sanno bene come comportarsi in caso di necessità. Si tratta di questioni elementari ma indispensabili, che per ora non sono state curate a sufficienza, compresi i modelli informativi indispensabili per essere corretti con le notizie diffuse nei momenti delicati. I cambiamenti climatici accentuano una pericolosità già esistente nelle nostre zone montane e ogni miglioramento è necessario.